sabato 17 settembre 2011
​Aperto dal vescovo Zenti il grande happening sul messaggio sociale della Chiesa. Confronto a tutto campo tra imprenditori, filosofi, politici e sociologi. Sotto la lente la crisi morale e la finanza senz'anima. «La sfida del futuro è lo sviluppo solidale».
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​La crisi economica nella quale si sta dibattendo l’intero Occidente è il frutto di una crisi morale che affonda le radici in una consolidata concezione edonistica e individualista della vita e dei rapporti umani. Durante la prima giornata di lavori del «Festival della dottrina sociale della Chiesa», la discussione è entrata nel vivo. Mauro Magatti, sociologo della Cattolica, ha usato un’immagine molto efficace per descrivere l’odierna situazione: «Siamo come in una famiglia molto ricca, che finora era abituata a spendere e a sperperare» e i cui membri «avevano una concezione della libertà come mancanza di limiti e che non dovevano rispondere a nessuno».

Questa mentalità, secondo Magatti, ha permeato tutta la società, arrivando alla concezione della finanza come «l’idea di far soldi senza vincoli», che è la «vera malattia dell’epoca». Le responsabilità, secondo Angelo Ferro, presidente dell’Opera Immacolata Concezione, vanno però equamente ripartite con il mondo della politica: «La finanziarizzazione della società si è imposta nella società contemporanea modificando profondamente gli assetti precedenti. Ma bisogna anche chiedere perché chi doveva agire per impedirlo non l’ha fatto». Ma come tornare indietro o tentare di raddrizzare la strada? Per l’economista Fiorella Kostoris, però, non bisogna mettere sotto accusa il profitto o lo sviluppo economico, «senza i quali non ci può essere equità sociale». La metafora è quella della «torta di gelato che si scioglie al sole» e che non è in grado di soddisfare tutti i bisogni della società. Ma, ha ammonito, coniugare sviluppo e solidarietà non è così semplice. Perché il rischio sempre presente è quello dell’assistenzialismo o di favorire comportamenti poco economici.

«Per dare un tetto a tutti – ha spiegato – bisognerebbe investire in case popolari, non imporre calmieri come l’equo canone, che irrigidiscono il mercato e lo razionano a favore di pochi». Giorgio Donna, della Luiss, ha invece fissato alcuni principi che rendono etico il comportamento aziendale: che il profitto, doveroso per una azienda, non sia minato da «azionisti spregiudicati, manager ingordi e dipendenti lassisti». E che il profitto sia orientato a beneficio del bene comune. Principi che si ritrovano anche nella dottrina sociale della Chiesa. Federico Falck, presidente dell’omonimo gruppo, ha parlato della necessità di «coinvolgere i giovani nei nuovi processi produttivi, perché l’economia italiana soffre oggi della mancanza di idee fresche, originali e al passo con i tempi». È dunque necessario che lo Stato risparmi razionalizzando i costi della pubblica amministrazione, ma che investa questi risparmi nella formazione giovanile, nella ricerca e nell’innovazione.

Al convegno ha portato una testimonianza molto sentita Luigi Arcuti, ex imprenditore calabrese, che ora vive sotto protezione per aver denunciato con coraggio i condizionamenti mafiosi e le collusioni nella sua regione.

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