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È significativo che uno dei principali impegni della Settimana sociale di Trieste, l’avvio di un confronto aperto e senza timori tra Chiesa e politica, e in particolare tra gli amministratori locali di ispirazione cristiana, parta proprio dalla Campania, da un territorio in cui la vastità dei problemi sociali si mescola a quotidiani fenomeni di malamministrazione. E il presidente della Conferenza episcopale campana, il vescovo di Acerra Antonio Di Donna, non ha avuto alcun dubbio nel far partire il “dopo Trieste” da un incontro con e tra le persone e i gruppi impegnati in politica con la bussola della Dottrina sociale della Chiesa. L’incontro si è svolto ieri a Pompei, minuziosamente preparato dalla Conferenza dei vescovi e dagli ufficio diocesani di Pastorale sociale, al fine di evitare sin dalle premesse ogni tipo di equivoco sulle finalità.
E d’altra parte la relazione di monsignor Di Donna ha un incipit che vuole proprio evitare doppie letture: «I vescovi non chiedono un partito unico, che è anacronistico». Ma raccolgono da un lato un fine molto specifico, ovvero «la richiesta delle persone e dei gruppi impegnati di essere accompagnati», dall’altro un fine più ampio, «prudente e audace», di stimolare «una nuova stagione dei cattolici in politica». Insomma: i vescovi «non danno brevetti», tuttavia sono pienamente coscienti del fatto che «l’ambito molto frequentato e importate del pre-politico non basta più», non bisogna più considerare un tabù la parola «politica». È lo stato delle istituzioni democratiche a imporlo.
«La diaspora che «condanna all’irrilevanza è insoddisfacente», è l’analisi di Di Donna. E il «disagio di coscienza» diventa più acuto, ammette il presidente dei vescovi campani, quando arriva il momento delle elezioni. E bisogna far fronte a quella divaricazione ormai cristallizzata, tra i valori della vita e della famiglia «di centrodestra» e i valori sociali «di centrosinistra».
Se non è un partito lo sbocco, ribadisce Di Donna, non vuol dire che non ci siano strade. Il vescovo di Acerra ne indica tre: la formazione alla vocazione politica, il rapporto tra comunità dei credenti e presone impegnate, l’opera di sensibilizzazione nelle parrocchie alla vita democratica del Paese.
Un lavoro che, continua Di Donna citando l’inascoltato Dossetti, richiederà «almeno 20 anni». E saranno anni di «inverno», in cui le ragioni dei cattolici dovranno farsi strada nel turboliberismo e nell’individualismo sfrenato, in un quadro politico in cui i partiti hanno smesso di cercare i credenti, prima «corteggiati per le preferenze». In un quadro mutato anche dal punto di vista ecclesiale, con l’associazionismo indebolito e più indirizzato sulla strada del volontariato che su quello dell’impegno politico. Tutti elementi, insieme a quella diffusa idea per cui la fede sia un «fatto privato», che rende impraticabile un «impegno di massa».
All’inverno che è nota di un realismo ai confini con il pessimismo, Di Donna affianca poi la nota di speranza dei tanti che, a livello personale o come gruppi, «rischiano in prima persona». E che ora hanno, su impulso della Conferenza episcopale, un luogo in cui ascoltarsi camminare insieme a prescindere dalle opzioni di parte.
Di Donna infine indica quali non debbono essere gli sbocchi: «È da escludere la via della rassegnazione e del rassicurante rifugio negli affari propri, è da escludere la via dei valori contrapposti, è da escludere la via identitaria». Così come è da escludere, secondo Di Donna, la scorciatoia di «collaborare con il governante di turno». Insomma, dei tentativi di rifioritura vanno tenacemente portati avanti. Anche se la via concreta da imboccare ancora non si vede nitidamente. Potranno aiutare, ricorda il presidente dei vescovi campani, anche gli altri strumenti che stanno vedendo la luce in questi mesi, come la rete di Trieste nata su impulso degli amministratori presenti alla Settimana sociale. Né va dimenticato, tracciando un percorso possibile, l’orizzonte più largo della «Camaldoli europea» indicata dal cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi.
Numerosi gli interventi degli amministratori e delle reti politiche, in una sala-convegni del Santuario di Pompei piena oltre le aspettative della vigilia. Un esercizio di pazienza e rispetto reciproco. Presenti, e partecipi anche del percorso preparatorio, tre gruppi di ispirazione cristiana presenti sul territorio campano: la rete” Per le persone e la comunità”, Insieme e Demos. Il segretario di “Per”, Giuseppe Irace, raccogliendo la metafora del lungo inverno, ha invitato gli amministratori cattolici a «forzare la primavera», a non affrontare questa «strada in salita» aspettando che «qualcuno o qualcosa venga a salvarci». Insomma l’invito è a iniziare, a prendere l’iniziativa senza pensare troppo alle reti di protezione, perché «di convegni su come essere presenti in politica ne abbiamo fatti sin troppi». Alfonso Barbarisi, coordinatore di Insieme, ha invece ricordato come «la nostra sia una fede incarnata», che dunque motiva a un impegno sociale sentito come dovere, non come opzione tra le altre. A riprova della centralità del tema formativo. Mentre Roberta Gaeta, consigliera regionale, in rappresentanza di Demos ha invitato ad allargare le maglie del dialogo, per evitare il rischio dell’identitarismo, con uno sguardo particolare al Terzo settore. Sul fronte dei corpi intermedi, ha partecipato anche il portavoce regionale del Forum delle associazioni familiari, Nino Di Maio, a riprova di un interesse diffuso del mondo associativo. Le conclusioni, affidate a mons. Francesco Alfano e a mons. Francesco Beneduce, rispettivamente vescovo di Sorrento-Castellammare e ausiliare di Napoli, hanno indicato alcune parole-chiave del cammino che ora si apre: «Piedi per terra, comporre le attese e ascoltarsi senza pregiudizi».