È una mattinata di contatti. Nella maggioranza e nel centrodestra. Obiettivo è uno solo: depositare un emendamento al decreto Milleproroghe per alzare o cancellare l'Irpef sui redditi agrari per le piccole imprese. Oramai è questione di ore. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani è il regista. Segue l'iter. Si confronta con i capigruppo. Sente Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano. Bisogna correre. Perchè l'obiettivo è licenziare il Milleproroghe alla stato all'esame delle Commissioni Bilancio e Affari Costituzionali entro domani per arrivare in Aula, come da calendario, giovedì. C'è attesa. La soluzione trovata dal governo di limitare l'esenzione ai redditi che non superano i 10 mila euro riguarderebbe 387 mila aziende agricole. «È molto buona, fare di più è difficile», dice il ministro di Fratelli d'Italia. Ma la Lega chiede di più. Prima di alzare la soglia a 30 mila euro. Poi di non mettere soglia. Ciriani minimizza: «Ho chiacchierato anche con i miei predecessori e credo sia sempre così, con tutte le maggioranze. Chi fa questo mestiere deve armarsi di pazienza. Non mi spavento...». E ricorda che venerdì scorso ha parlato con il ministro Giancarlo Giorgetti e con la «franchigia a 10mila euro, secondo quanto ha detto, viene esonerato il 94 per cento degli imprenditori agricoli. Mi pare già un risultato molto, molto buono. Dico anche che noi facciamo parte dello stesso governo, siamo sulla stessa barca ed è importante che si remi nella stessa direzione. Va bene fare annunci, chiedere sempre qualcosa in più però alla fine bisogna avere concretezza. Le risorse sono poche e vanno con la fascia più debole dell'impresa agricola». La verità - raccontano ai piani alti di Palazzo Chigi - è che la Lega vuole solo farsi dire di no per marcare le distanze e provare a intercettare i 4 milioni di voti del mondo agricolo. Ma Ciriani non molla. «La legge di bilancio l'ho seguitata bene e non ricordo un dibattito sull'esenzione Irpef per i redditi agrari, nè in commissione, nè in aula, nè in consiglio dei ministri. Evidentemente in quel momento, visto che le risorse erano scarse, tutti ritenevano giusto concentrare i soldi sul taglio del cuneo fiscale e la revisione degli scaglioni Irpef per i ceti medi e medio-bassi. Dopodichè, se ora troviamo risorse per coprire il 94 per cento degli imprenditori agricoli abbiamo fatto un buon lavoro».
C'è un braccio di ferro nella maggioranza. E ci sarà un braccio di ferro nell'Unione europea. Meloni negli ultimi giorni più volte si è sfogata contro le norme volute dalle sinistre e oggi tocca al presidente dei senatori di FdI Lucio Malan andare all'attacco: «Sono norme che vanno superate, che hanno danneggiato e continuano a farlo tanto gli agricoltori quanto i consumatori italiani. Va ricordato che la sinistra si è battuta per norme europee ancora più dannose per gli agricoltori di quelle contro le quali si è sollevata la protesta dei trattori. Noi vogliamo difendere l'ambiente ma non accettiamo l'impostazione ideologica secondo la quale gli agricoltori e in generale la presenza umana sarebbero nemici della natura». Ciriani va avanti. «In Europa la battaglia contro questo ecologismo astratto alla Timmermans l'abbiamo condotta in maniera determinata. Sicuramente saremo al fianco degli agricoltori in sede europea contro un ambientalismo ideologico che scarica sulle piccole imprese il prezzo della transizione, loro non possono pagare per tutti... Abbiamo fatto per primi la battaglia per il made in Italy, contro la carne sintetica, abbiamo aumentato a 8 miliardi il fondo del Pnrr... Nessun governo ha fatto tanto per l'agricoltura lo abbiamo fatto a nome di tutta la maggioranza, qui non si tratta di mettere bandierine di partito. Alla fine l'operato del governo è l'operato dell'intera maggioranza. Capisco la campagna elettorale, capisco che sono fibrillazioni quasi fisiologiche, non mi scandalizzo. Ma dico: attenzione, saremo giudicati anche dalla capacità di essere un governo che lavorare insieme e condivide successi e difficoltà».