Se oggi il grande Cicerone fosse uno di noi, sicuramente esclamerebbe: «O tempora, o mores», «Che tempi, che costumi». In effetti, riflettendo su quanto avviene sul palcoscenico della storia contemporanea, è sempre più evidente che ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di civiltà. Basti pensare a quanto sta avvenendo in Terra Santa, per non parlare del conflitto che insanguina l’Europa Orientale. Il bilancio si aggrava se a tutto ciò aggiungiamo gli effetti devastanti del riscaldamento globale, di cui – è bene rammentarlo - siamo, almeno in parte, responsabili, o le speculazioni finanziarie, che accrescono il debito degli Stati sovrani e le sofferenze dei ceti meno abbienti.
Questa deriva trova peraltro un infelice riscontro anche in riferimento all’indirizzo che stiamo imprimendo alle nostre relazioni con gli altri popoli. Infatti, il trend prevalente è incentrato sui confini, sulle paure e sullo spirito di ostilità nei confronti dell’alterità. La crisi migratoria riflette questo disagio e rimanda alla palese contraddizione che l’Europa vive al suo interno: tra universalismo e nazionalismo. Di fronte a questo scenario, come credenti, siamo tutti chiamati a una decisa assunzione di responsabilità nella cristiana certezza che la dimensione spazio-temporale in cui siamo immersi ci impone di vivere la nostra vocazione battesimale; una chiamata alla missione senza confini.
È per questo motivo che ogni anno le Pontificie Opere Missionarie internazionali, che in Italia sono rappresentate dalla fondazione Missio della Cei, promuovono la Giornata Missionaria Mondiale il cui tema è tratto dalla titolazione della tradizionale missiva del Santo Padre: “Cuori ardenti, piedi in cammino”. Queste parole richiamano l’esperienza dei discepoli di Emmaus descritta nel Vangelo di Luca (Lc 24,13-35). Durante il cammino, essi incontrarono il Signore risorto. Questo incontro infiammò i loro cuori e li spronò ad annunciare la risurrezione di Gesù. Forse mai come oggi, occorre fare tesoro di questa Parola che rappresenta il deterrente contro quelli che sono gli oscuri presagi del nostro tempo.
La testimonianza dei nostri missionari e missionarie, che hanno fatto la scelta di stare dalla parte degli ultimi, è eloquente. Essi rappresentano il valore aggiunto, non solo della nostra Chiesa, ma dell’intero “sistema-Paese”, non foss’altro perché la loro scelta di vita è all’insegna della gratuità. Il loro campo d’azione, nella stragrande maggioranza dei casi, è nel perimetro delle Giovani Chiese dove essi svolgono il loro apostolato, interpretando le istanze del Mandatum Novum di Nostro Signore. A questo proposito è importante sottolineare che il rischio, sempre in agguato, per le Chiese di antica tradizione come quelle europee, con due millenni di storia alle spalle, è di coltivare un approccio paternalistico nei confronti delle giovani comunità del Sud del Mondo dove peraltro sono più evidenti i disastri dell’attuale disordine mondiale.
Ecco che allora s’impone una sorta di decentramento narrativo, tenendo conto del fatto che il futuro dell’umanità, come ha scritto Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, non potrà mai prescindere dal riscatto delle masse impoverite: «Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri… non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema» (202).
Ma perché ciò sia possibile, è necessario che la Chiesa stessa sia capace di offrire ai popoli la Buona Notizia di un Dio amico, ricco di misericordia, che si è fatto piccolo e umile, schierandosi decisamente dalla parte degli ultimi. Proprio come espresso, sempre da Papa Francesco all’inizio del suo ministero petrino, nella veglia di Pentecoste 2013: «I poveri sono la carne di Cristo». Detto questo è evidente che occorre pregare il padrone della messe, perché mandi operai. Ciò significa che Dio ha bisogno di uomini e donne di buona volontà disposti a dare la vita per la causa del Regno. Una cosa è certa: in considerazione poi del processo sinodale, voluto fortemente da Papa Francesco, le giovani Chiese hanno molto da insegnare alle altre. Anche questa è missione.