sabato 6 ottobre 2012
​Accusate di essere inutili e già razionalizzate, eppure a Bruxelles gestiscono enormi risorse. Finanziamenti e risorse per lo sviluppo regionale passano attraverso le sedi europee, additate come un buco nero di spese e di prebende politiche
Fondi ai gruppi, tagli fino al 95%
Delrio: i Comuni hanno già dato
La vera virata di Antonio Maria Mira
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​Passano per essere la Bengodi dei lobbisti, il parcheggio di amanti e portaborse, il buco nero di spese e prebende. In realtà, le "ambasciatine", cavallo di battaglia della nuova sprecopoli, non esistono più da qualche anno. Tagliate dai tagli. Più di Monti potè Tremonti: si è salvato qualche ufficio turistico ma le rappresentanze estere delle Regioni sono state chiuse tra il 2010 e il 2011, a quattordici anni dalla loro istituzione, sancita dalla legge. Sopravvivono le delegazioni di Bruxelles, che possono esibire un utile nella partita doppia della politica: tot progetti finanziati dall’Europa, tot in affitti e stipendi; se lo staff è efficiente, i conti di solito tornano. La posta in gioco è altissima: se si considerano tutte le risorse che rendono possibili le politiche di coesione nel programma europeo 2007/2013, nelle quali le Regioni intervengono direttamente o indirettamente, si parla di oltre 50 miliardi di euro. Chiudere le ambasciate europee delle Regioni, accusandole di improduttività e spese pazze come avviene in questi giorni, vorrebbe dire spostare il baricentro di queste decisioni.Naturalmente, ogni regione ha un indicatore tutto suo per misurare la propria efficienza ma se - come si evince dalla tabella che illustra quanti fondi europei (Fse e Fesr) ciascuna si aggiudica e quanti ne è riuscita a spendere finora - il Trentino ha già utilizzato più della metà del Fse e il Lazio solo un quinto non è certo per colpa di Fiorito. Esiste certamente un problema di trasparenza: interpellate per giorni, non tutte le Regioni comunicano i costi delle loro strutture europee o lo fanno in modo evasivo. Atteggiamenti che si ritorcono contro tutto il sistema regionale. La Lombardia viene accusata di mantenere in giro per il mondo numerosi Lombardia Point, che invece non sono più suoi. Le Province di Trento e Bolzano sono rimproverate di non economizzare sulle sedi, mentre convivono da anni nello stesso ufficio, insieme al Tirolo austriaco.La spesa di queste strutture e dei pochi uffici esteri sopravvissuti ai tagli si aggirerebbe intorno ai 20 milioni di euro (70 se si considerano le sedi romane; ndr); in realtà il computo esatto è difficile, in quanto talune sedi sono in locazione, altre di proprietà e altre ancora frutto di complesse operazioni immobiliari. Prendiamo il Piemonte: ha comprato un palazzo di quattro piani nel centro di Bruxelles, ne ha rivenduta una parte e ha affittato ad altri enti pubblici quel che restava, tenendosi il quarto piano, dove un dirigente e due funzionari portano a casa finanziamenti per oltre 120 milioni. Se si escludono le regioni del Sud, l’amministrazione Cota porta a casa il terzo posto nella graduatoria dello stato di attuazione del Fse al 30 aprile 2012. La Regione più virtuosa in questo senso è la provincia autonoma di Trento, seguita dall’Emilia Romagna. Se la prima condivide il tetto europeo con Bolzano e il Tirolo, Errani coabita nell’unica sede estera che gli è rimasta con i tedeschi dell’Assia, i francesi dell’Aquitania e i polacca della Wielkopolska. «Il palazzo che ospita le quattro regioni è in vendita - informa con una nota - e l’Aquitaine è disponibile a pagare di più, l’Emilia-Romagna no». Oggi spende quasi 800mila euro, portando a casa dieci volte tanto, senza contare le risorse erogate per il terremoto. Nell’album di famiglia delle "feluche" regionali ci sono anche pagine francamente indimenticabili: come quella di Casa Campania a Manhattan che nel 2003 Bassolino inaugurò con Isabella Rossellini «per portare nel mondo una giusta immagine della nostra terra». L’efficienza campana nell’utilizzo dei fondi europei continua ad essere quella di una volta, ma almeno Caldoro ha sfrondato la sua "Farnesina" conservando la sede di Bruxelles, che costa 290mila euro all’anno. Altra pagina memorabile: la sfilza di ambasciate toscane nel mondo. In un anno sono state chiuse New York, Shanghai, Mosca, Francoforte, San Paolo, Buenos Aires e Abu Dhabi. Non è stata chiusa Mombai, ma solo perchè non era ancora aperta. Non sono stati da meno i liguri: hanno rinunciato agli 800 metri quadrati di Rue de Luxemburg dal 2010, traslocando nei 75 metri di rue d’Alsace Lorraine 44. La spending review non sembra contagiare invece il Molise, che ha una sede da 1,6 milioni di euro, né la Sicilia (sede da 2,6 milioni e stuolo di funzionari superpagati), il Lazio (due milioni di euro all’anno tra affitto e spese di gestione), l’Abruzzo (sede da 1,4 milioni) e la Calabria: le rimproverano di pagare il fitto di una sede che non usa più. Effettivamente, la Giunta Scopelliti ha chiuso l’ufficio - risparmiando sul personale - ma se dovesse revocare il contratto dovrebbe versare una penale di tre annualità e un semestre. C’è anche chi se l’è presa per le polemiche di questi giorni: il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha convocato i giornalisti per far sapere, risentito, di non avere 61 sedi all’estero, ma solo 61 "punti di appoggio" in altrettanti uffici delle Camere di Commercio. Ha reso noto di pagare per la sede di Bruxelles solo 37mila euro, ma se si considera sempre lo stato di attuazione del Fse, resta sotto media sia nel rapporto tra progetti programmati e impegnati sia in quello tra programmati e pagati. La Giunta più sparagnina sembra essere quella della Basilicata: non ha sede all’estero nè dipendenti ma per le necessità di rappresentanza si appoggia alle sedi delle associazioni dei Lucani all’estero. Poiché però sulle spese della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo è scoppiato un autentico vespaio e in Lombardia si è scoperto che la "Consulta lombarda per l’estero" era riuscita a spendere in tre anni un milione di euro, la Basilicata ci tiene a precisare che alle associazioni lucane eroga «solo piccoli contributi, comunque non superiori in totale a 20 mila euro all’anno».
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