giovedì 15 agosto 2024
Patriarcato e ministero della giusitzia rinnovano il patto per la rigenerazione del popolo dietro le sbarre, a partire dall'esecuzione penale esterna. Tra le iniziative minialloggi e progetti sociali
Il Papa lo scorso aprile ha incontrato le detenute nel carcere della Giudecca

Il Papa lo scorso aprile ha incontrato le detenute nel carcere della Giudecca - Fotogramma

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Ci saranno nuovi spazi, anche fisici, per i detenuti veneziani alle prese con il reinserimento sociale. Del resto, il Patriarcato di Venezia ha una storia lunga e pregnante di impegno per la rigenerazione del popolo delle carceri. In particolare attraverso l’esecuzione penale esterna. Lo ha puntualmente evidenziato il patriarca Francesco Moraglia nel corso della visita di papa Francesco alla Giudecca. Nella festa dell’Assunta, in questa casa di reclusione femminile è ritornato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per ribadire l’impegno e le azioni di sostegno al mondo carcerario veneziano da parte del Governo e supportando le specifiche iniziative del Patriarcato.

Si tratta di progetti messi a punto e rilanciati in questi mesi tra le due istituzioni, sulla scorta di esperienze maturate nei decenni. «La Chiesa che è in Venezia intende, in questo modo – spiega il patriarca –, mantenere viva la memoria della visita pastorale di papa Francesco», che il 28 aprile il Pontefice ha compiuto alla Chiesa e alla città, «e che si è caratterizzata anche per il gesto significativo compiuto nella casa di reclusione femminile della Giudecca, in occasione dell’inaugurazione del Padiglione della Santa Sede per la Biennale», e dunque «proseguendo e intensificando la collaborazione con il dicastero vaticano per la Cultura e l’educazione, il ministero della Giustizia e il dipartimento per l’Amministrazione». L’impegno che Nordio oggi sottoscriverà è, dunque, in continuità con una storia già vissuta e va a completamento delle parole e dei programmi che il Papa ha inteso valorizzare di persona. Alle iniziative già in essere, monsignor Moraglia fa sapere che dai primi mesi del 2025 il Patriarcato interverrà, mediante la Caritas e con la collaborazione di realtà cooperative già impegnate nel settore del co-housing e del social housing, predisponendo 20 posti in minialloggi con servizi comuni ed accompagnamento sociale per soggetti maschili che si trovano in difficoltà abitativa o compresi in progetti di reinserimento a seguito di misure detentive.

Non solo. «Interfacciandomi personalmente con realtà imprenditoriali del tessuto produttivo veneto e con le locali Camere di commercio, anche mediante il coinvolgimento della Fondazione Marcianum, stiamo promuovendo una rete di soggetti imprenditoriali disponibili ad attivare percorsi e opportunità che favoriscano il reinserimento lavorativo di donne e uomini che si trovano nel periodo terminale delle misure detentive», informa Moraglia. Iniziative, queste, che aggiungono altri capitoli ad una storia luminosa di impegni. “Casa San Giovanni XXIII” – nei pressi di piazzale Roma a Venezia, con il progetto “Dal carcere alla comunità” – è uno di questi segni tangibili per l’azione di educazione e reintegrazione sociale di coloro che sono sottoposti a misure detentive per favorire l’esecuzione penale esterna e la promozione umana e l’integrazione sociale di persone svantaggiate. Grazie alla convenzione sottoscritta nello scorso aprile tra il Patriarcato di Venezia – mediante la Caritas – e la società cooperativa sociale Nova, la Chiesa di Venezia ha già messo a disposizione 10 posti a favore di persone in esecuzione penale: accanto ai 5 posti già disponibili per donne, presto ne saranno disponibili altri 5 per uomini, così da coprire l’intero numero di posti assegnato al territorio veneziano. Ma l’impegno va oltre. In occasione della visita pastorale di Papa Francesco a Venezia, nella “Casa San Giuseppe” alle Muneghette (nella zona di Castello) sono stati predisposti 8 minialloggi – “Dimora Betlemme” – per persone in momentanea difficoltà abitativa; alcuni di questi sono destinati con un’attenzione prioritaria alle situazioni di maggiore fragilità che interessano la realtà femminile di reclusione e piccoli nuclei familiari con la presenza di minori. «Queste progettualità – conclude il Patriarca – vanno ad offrire prospettive di reinserimento e nuova dignità alle persone ospiti delle case di reclusione e alle rispettive famiglie che quotidianamente sono già accompagnate e assistite, anche al termine delle misure detentive, mediante le due cappellanie presenti nella struttura della Giudecca e in quella di Santa Maria Maggiore».

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