venerdì 16 agosto 2024
Il direttore Giustino Trincia: «Il nostro compito è quello di promuovere la dignità di queste persone, non di rinchiuderli in riserve indiane. Roma torni ad essere umana»
Il direttore della Caritas di Roma, Giustino Trincia

Il direttore della Caritas di Roma, Giustino Trincia - Fotogramma

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Giustino Trincia, cosa pensa la Caritas diocesana di Roma, di cui lei è direttore, di questo progetto del I Municipio di innalzare dei cancelli per evitare il bivacco notturno dei senza tetto nella zona di Termini?

Pensiamo che in fondo non vi sia una contrapposizione tra sicurezza e inclusione sociale, come abbiamo detto più volte anche ai comitati locali di zona che abbiamo incontrato. La vera contrapposizione c’è tra ipocrisia e umanità! Nel Vangelo di Marco il Signore ci dice: i poveri li avrete sempre con voi. Ma qui c’è chi vorrebbe rinchiuderli in riserve indiane di nuova generazione. Il nostro compito è quello di promuovere la dignità di queste persone.

E allora, di cosa c’è bisogno?

Di un nuovo umanesimo, perché la città diventa più umana e più giusta quando non chiudiamo gli occhi o ci voltiamo dall’altra parte davanti alle nuove e vecchie forme di povertà.

Ma nel concreto, come realizzare questo nuovo umanesimo?

In due modi: il primo è che ognuno deve fare la sua parte, come singole persone, come comunità, come istituzioni pubbliche, realtà del volontariato e anche come mondo economico e finanziario. Seconda cosa: servono misure strutturali. Qui veniamo da decenni di incuria, abbandono, omissioni, inerzia. Per questo servono piani seri e molto concreti, innanzitutto sull’abitare e quindi sul versante dell’assistenza sanitaria e delle politiche sociali, che non vogliono dire assistenzialismo. Serve un grande accordo quadro tra le forze politiche per dotare Roma del necessario per affrontare le troppe diseguaglianze.

Questa storia dei cancelli per la sicurezza e il decoro, temi che anche voi riconoscete come importanti, non rischia però di far dimenticare che i recinti andrebbero poi a chiudere delle persone?

Proprio per questo dico che non c’è contrapposizione tra l’uno e l’altro aspetto. Il piano sulla sicurezza, che Roma Capitale con il magistrato Greco sta portando avanti, pensiamo sia un approccio importante e che non esclude assolutamente la necessità di farsi carico di chi non ce la fa. A Roma come in altre città abbiamo a che fare con un modello di sviluppo economico che in realtà, come dice papa Francesco, produce scarti. E questi scarti sono scarti umani. Per i senza dimora c’è un grande problema non di emergenza abitativa ma di povertà abitativa. E allora una politica dell’abitare deve mettere insieme il patrimonio pubblico ma anche delle misure per favorire al massimo gli affitti lunghi e quindi per venire incontro anche alle esigenze dei privati che a Roma hanno circa 160-200mila appartamenti vuoti, ma non affittano perché hanno paura che dopo 4 anni non ne rientrano in possesso. Serve una calmierazione degli affitti, anche perché stipendi e pensioni tendenzialmente sono sempre gli stessi, mentre qui aumenta tutto.

Tornando alle proposte per la zona di Termini, c’è magari anche l’intento delle istituzioni di “imbellettare” ogni cosa per non fare brutte figure?

Chiaramente un evento straordinario come il Giubileo scatena anche delle dinamiche di questo tipo. E allora diciamo che è necessario tornare al cuore del Giubileo, che è quello di liberare dai vincoli, sciogliere dai legami, da condizioni di schiavitù. Questo è il cuore del Giubileo, non i turisti. Partendo dai più poveri bisogna concentrarsi sulle azioni, su ciò che è necessario fare per liberarli da queste condizioni di povertà o addirittura di miseria.

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