sabato 2 aprile 2016
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*** AGGIORNAMENTO DEL 25 OTTOBRE 2021: La Corte di Assise di appello di Bologna ha assolto Daniela Poggiali, l'ex infermiera di Lugo (Ravenna) imputata per l'omicidio di pazienti morti in ospedale, perché il fatto non sussiste nell'appello ter per la morte di Rosa Calderoni, 78enne deceduta l'8 aprile del 2014; assoluzione anche per il caso del 94enne Massimo Montanari deceduto il 12 marzo 2014 sempre a Lugo. Nel primo caso la condanna iniziale era stata l'ergastolo, poi annullato, nel secondo caso 30 anni in primo grado. Disposta a che la scarcerazione immediata. (leggi qui)

MILANO I parenti delle tredici vittime fino ad ora accertate chiedono giustizia. Mentre lei, l’infermiera Fausta Bonino, si proclama innocente. Quella di Piombino non sarà un’inchiesta breve, perchè la procura di Livorno sta andando a ritroso nel tempo, incalzata anche da quanti si apprestano a chiedere che si faccia luce su decessi avvenuti negli anni precedenti. Per quattro casi di pazienti morti in modo anomalo a Piombino, i medici ricevettero la consueta risposta dal laboratorio di malattie atero-trombotiche dell’ospedale di Careggi (Firenze), centro di riferimento regionale per le trombosi dove vengono abitualmente effettuati test di secondo livello: da ulteriori esami al sangue dei pazienti risultava la presenza di un anticoagulante. I medici del reparto di rianimazione di Piombino non si spiegavano le morti anomale che, da qualche mese, si ripetevano nel reparto di rianimazione del loro ospedale e, volendo trovare una motivazione scientifica, chiesero infatti anche consulti esterni. A Careggi chiesero di fare test di secondo livello dopo gli esami già svolti nell’ospedale che affaccia sul golfo. Il laboratorio di Careggi ricevette in periodi diversi i campioni di quattro pazienti morti a Piombino, rilevando in tutti i casi «segni di un’attività di un anticoagulante», verosimilmente Eparina. Quindi, anche gli ulteriori esami confermavano l’anomalia della somministrazione di un farmaco anticoagulante in quantità eccessiva e non prescritto nella terapia. L’infermiera non uccideva con il finto alibi di Daniela Poggiali, che a Lugo di Romagna si era giustificata dicendo voler porre fine alle sofferenze dei malati terminali, salvo poi scattarsi selfie accanto ai cadaveri. E non dava la morte neanche come Sonia Caleffi, che a Lecco iniettava aria nelle vene dei vecchietti per dimostrare di essere poi la più veloce a soccorrerli. Quasi sempre inutilmente. I degenti non erano sul punto di morire. «Sto vivendo un incubo». Queste le parole che Fausta Bonino ha rivolto al proprio legale, Cesarina Barghini, nel colloquio che hanno avuto ieri presso il carcere di Pisa. «È molto provata – riferisce il legale –, ritiene di aver subito una grande ingiustizia, sa di essere innocente, sa che mancano le prove per incolparla». «L’unico elemento», secondo l’avvocato è la presenza della signora Bonino «quando sono accaduti gli eventi e questo tra l’altro ha fatto sì che le indagini venissero indirizzate solo su di lei». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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