sabato 2 gennaio 2021
La ministra Azzolina è determinata («Non possiamo arrenderci»), ma alcune Regioni frenano. Ai tavoli delle Prefetture decisi ingressi scaglionati e orari ridotti. 300 milioni per il trasporto locale
Studenti del liceo Visconti di Roma a lezione con la mascherina e distanziati

Studenti del liceo Visconti di Roma a lezione con la mascherina e distanziati - Foto d'archivio Ansa

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A quattro giorni dalla ripresa delle lezioni in presenza, anche alle superiori, non tutti i nodi sono stati sciolti e il principale riguarda, ancora una volta, la situazione del trasporto pubblico locale. All’entusiasmo della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina e degli alleati di governo, fanno da contraltare le perplessità di presidi, famiglie, sindacati e governatori. Il timore è che una ripartenza senza tutte le necessarie condizioni di sicurezza, possa tradursi in una nuova chiusura entro poche settimane.

Si parte al 50%
Al momento, l’unico punto fermo è l’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, del 24 dicembre, con la quale si stabilisce che, dal 7 al 15 gennaio, la percentuale degli studenti in presenza dovrà essere del 50%, con l’obiettivo di raggiungere gradualmente il 75%, compatibilmente con l’andamento della curva dei contagi. Le modalità organizzative sono state definite ai tavoli attivati nelle Prefetture e chiusi nei giorni scorsi.

Ingressi (e uscite) scaglionati
Il primo “nodo” che i prefetti sono stati chiamati a sciogliere, per evitare assembramenti sui mezzi di trasporto e in prossimità degli edifici scolastici, ha riguardato gli orari di ingresso e uscita di studenti e personale. «Le soluzioni, calibrate anche in modo variabile – si legge in una nota del ministero dell’Interno – prevedono: la differenziazione degli orari di ingresso e di uscita dagli istituti scolastici, articolata in due fasce (prevalentemente 8-14/10-16); la flessibilità in entrata (ad esempio, 7,45-8,00; 9,30-9,45); l’articolazione delle attività didattiche in 6 giorni, con frequenza il sabato, a turno; la riduzione a 45/50 minuti dell’“ora scolastica” e, quindi, delle singole lezioni». Ora, però, è necessario che le Prefetture comunichino alle scuole le modalità organizzative decise per i singoli territori, in modo tale che i dirigenti possano fornire indicazioni precise alle famiglie.

Trecento milioni per i trasporti
Per potenziare il sistema di trasporto pubblico, prosegue il comunicato del Viminale, sono stati messi a disposizione 300 milioni di euro per l’acquisto di nuove corse da parte degli enti locali, che potranno anche coinvolgere nel servizio le società di trasporto turistico ferme a causa della pandemia.

Governatori perplessi
Tutte queste misure, però, non bastano a smorzare i timori dei presidenti di alcune Regioni. Sull’opportunità di tornare in classe, sia pure a ranghi ridotti, si dichiara «perplesso», per esempio, il governatore del Veneto, Luca Zaia. «A dicembre in Veneto si è registrato il 50 per cento di morti in più rispetto all’anno precedente», ricorda. Si rivolge direttamente all’esecutivo, l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. «Con questi dati in crescita faccio un appello al governo a riflettere bene sulla riapertura delle scuole il 7 gennaio. Devono restare chiuse», dice senza mezzi termini. E se la Puglia ragiona di misure locali ad hoc, in Campania Vincenzo De Luca ha già chiarito che procederà in modo diverso rispetto alle indicazioni dell’esecutivo, facendo rientrare i liceali a scuola solo a fine mese.

I dubbi dei presidi
Perplessità sull’effettiva ripresa, in presenza e in sicurezza, è stata nuovamente espressa dai presidi. «Purtroppo – ha dichiarato il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli – dobbiamo constatare che lo scoglio dei trasporti non è stato superato ovunque - emblematico il caso di Roma - e di questo ci renderemo conto appieno nelle prossime settimane».

«Non possiamo arrenderci»
Intenzionata ad andare avanti, nonostante tutto, è la ministra Azzolina, che ieri ha scritto al Consiglio superiore della Pubblica istruzione: «È a scuola e in nessun altro luogo che si gioca la partita più importante – si legge nella lettera –. È fra i banchi che si costruisce, mattone dopo mattone, il futuro di ciascuna e ciascuno, il futuro della Nazione. Per questo sulla scuola non possiamo arrenderci e dobbiamo, ciascuno degli attori coinvolti, operare uniti, ricordandoci sempre del peso specifico che questa istituzione ha nel percorso di ogni bambina e bambino, delle ragazze e dei ragazzi, nella vita del Paese. Arretrare sulla scuola, significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire. Per questo non lo faremo».

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