L’inverno demografico che incombe sull’Italia, avrà nel breve periodo ricadute importanti sul mondo della scuola. Un primo dato l’ha fornito direttamente il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che ha recentemente parlato di 70mila alunni in meno iscritti alle classi prime, di ciascun grado di scuola, per il prossimo anno.
Il mensile Tuttoscuola ha, invece, analizzato i dati delle iscrizioni nell’ultimo quinquennio, cioè dall’anno scolastico 2014-2015 al 2018-2019. La scuola dell’infanzia ha perso 103.500 iscritti, pari a un calo di oltre il 10%, passando da 1.021.799 alunni del 2014 a 918.299 quest’anno. «Quasi la metà – si legge nel report di Tuttoscuola – si è registrata nel Mezzogiorno (51.637 iscritti in meno nel quinquennio) e poco meno di un terzo nelle scuole del Nord».
Un calo importante degli iscritti si è registrato anche alla scuola primaria, che in cinque anni ha perso 42mila alunni di prima, pari a una contrazione dell’8%. «Non ci sono territori che si sono salvati da questa onda di magra, anche se al Nord all’inizio del quinquennio si è registra una certa tenuta – prosegue l’analisi di Tuttoscuola –. L’onda lunga della denatalità, come si vede, sta interessando i primi settori del sistema, ma nei prossimi anni si estenderà ai settori scolastici successivi, se pur in forma ridotta, probabilmente per il mancato precedente apporto di alunni con cittadinanza non italiana che in parte stanno lasciando con le loro famiglie il nostro Paese».
Passando alle scuole superiori, quelle di primo grado hanno perso oltre 11mila iscritti al primo anno (-2%), «di cui quasi la metà nelle scuole del Sud», mentre quelle di secondo grado, nel quinquennio preso in esame, hanno fatto registrare 22.600 studenti in meno al primo anno, pari al -3,7%, «più della metà, ancora una volta, nei territori meridionali». «In un eventuale, auspicabile, piano strutturale di investimento per la natalità – osservano gli esperti di Tuttoscuola – particolari misure dovranno quindi essere riservate alle aree meridionali».
Secondo una ricerca della Fondazione Agnelli, anche nel confronto europeo, l’Italia si conferma fanalino di coda, in compagnia della Spagna. Sulla base dell’andamento demografico dei Paesi dell’Unione Europea, la Fondazione torinese ha elaborato l’evoluzione della popolazione scolastica tra i 6 e i 16 anni (fascia dell’obbligo) tra il 2015 e il 2030. Fatto 100 il dato della popolazione scolastica europea del 2015, nel 2030 avremo un’evoluzione dei Paesi Ue pari a 99 e, quindi, sostanzialmente stabile. Anzi, la Svezia crescerà fino a 125, il Regno Unito e la Germania si assesteranno a quota 109, la Francia a 99 e la Spagna a 93 punti. Buon ultima, l’Italia nel 2030 toccherà il valore più basso: 85 punti.
«A meno che nel frattempo interventi strutturali riescano a invertire il trend della denatalità», osserva Tuttoscuola, rilanciando la proposta di un Piano Marshall della natalità, che affronti «in modo sistemico i nodi del problema, preveda interventi organici, pianifichi investimenti, sostenga con provvidenze mirate le giovani coppie, investa sui servizi per la prima infanzia. Dia, insomma, un futuro sicuro alla genitorialità delle coppie». Richieste che, da anni, porta avanti il Forum della Famiglie che, con il presidente Gigi De Palo, parla della crisi delle nascite come di un «terremoto in atto nel tessuto sociale del nostro Paese».
Questa emergenza, aggiunge De Palo, «può essere affrontata solo con un Patto per la natalità, che abbiamo rilanciato e proposto a tutti i partiti politici». «Il tempo è scaduto – conclude De Palo –. Registriamo con soddisfazione l’attenzione del ministro Bussetti su questi temi. Urge un piano Marshall che metta al centro il rilancio delle nascite, altrimenti a breve oltre alla scuola crolleranno anche la sanità pubblica, il Welfare e le pensioni».