Renzi all'Assemblea nazionale del Partito democratico (Ansa)
L'incontro di martedì (ma un anticipo c'è già stato oggi in forma privata in un hotel) con Barack Obama, a Milano per un summit sul cibo, è la prima uscita per il riconfermato segretario del Pd Matteo Renzi, che domenica è stato proclamato alla guida del partito dall'assemblea nazionale. Dal fronte internazionale a quello interno, la partita che si è aperta appena dopo la riconferma è quella della legge elettorale. Con due mosse di Renzi. Da un lato lancia un appello alle opposizioni, raccolto dal M5S. Dall'altro scrive al presidente della Repubblica per attribuire la responsabilità dello stallo a «chi ha la maggioranza in Senato». Ma non è il solo fonte caldo aperto per la stagione bis al Nazareno: alcune delle scelte, come la chiusura alla sinistra di Bersani e Pisapia e la riconferma di Matteo Orfini a presidente dell'assemblea, non soddisfano i due candidati usciti sconfitti dalle primarie del 30 aprile, soprattutto Andrea Orlando, che definisce la riconferma di Orfini «atto di arroganza».
La nuova stagione al Nazareno
Scenografia tricolore, sulle note di «Ho avuto un futuro» di Ligabue e «Tomorrow people» di Ziggy Marley Renzi apre la nuova stagione al Nazareno. «So che non sarei niente se non ci fosse una comunità ma basta litigi, non si spari sul quartier generale», dice. Con l'impegno a fare «di più» sul territorio e sul web. Al centro tre parole: lavoro, casa (dunque sicurezza), mamme (diritto alla maternità). E con l'impegno a «dare una mano» al governo Gentiloni fino a quando («non decido io») si andrà a votare. Bisogna stare uniti, è l'appello, per sfidare M5S e destra. Ma già si apre il confronto interno con gli ex sfidanti Andrea Orlando e, più soft, Michele Emiliano. Con il ministro che attacca la «rottamazione fallita» e invoca unità a sinistra: «A Berlusconi preferisco Bersani». Andare al voto con l'attuale legge elettorale, «senza coalizioni, con una polarizzazione tra Pd e M5S e sperando di prendere il 40 per cento è un azzardo», incalza il Guardasigilli. Ma, promette, non farà un'opposione pregiudiziale. Renzi al fianco avrà Maurizio Martina vicesegretario e Matteo Orfini presidente (su di lui però non votano gli orlandiani). E nel giorno in cui le presidenziali francesi accendono la speranza di una nuova «terza via» in asse con Emmanuel Macron, Renzi invita i suoi a guardare oltre «chiacchiericcio e litigi» e alzare le ambizioni: «Il Pd non è un taxi per il governo del Paese ma uno strumento per cambiare l'Ue».
La legge elettorale
Sulla legge elettorale che "blocca" il sistema, però, il segretario non accetta che il Pd sia «capro espiatorio». E «con deferenza» dice al presidente Sergio Mattarella che la proposta spetta ai partiti del No al referendum: il Pd - promette - farà l'accordo «con chiunque» purché «decente». È il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, a rispondere all'invito di Renzi: «In questo momento vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, il Pd». Per due ragioni, l'appello di Mattarella a fare una legge elettorale e la crisi del Paese, per la quale «non possiamo permetterci nuove elezioni politiche in cui ancora una volta si partorisce un risultato incerto». I 5 stelle ribadiscono di preferire il sistema uscito dalla sentenza della Consulta sull'Italicum ma sono disposti a discutere di eventuali correzioni «nell'ottica della governabilità» La replica è affidata a Matteo Richetti, uno
degli uomini più vicini a Renzi in questo momento e che si occupa della materia: «Se Di Maio e il M5S fanno sul serio, è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa». Il paletto è rappresntato dal maggioritario anche per le liste. Per il pentastellato Roberto Fico, preidente delal Vigilanza Rai, «Il dialogo può esserci ma solo nelle sedi consone, che sono le commissioni parlamentari».