«Ostia è l’emblema di ciò che accade in molte periferie italiane, dove il malcontento di chi ha perso il lavoro, di chi non ce l’ha e delle famiglie povere si mischia con il fenomeno migratorio e si crea un tessuto sociale difficilissimo: i poveri hanno difficoltà a riconoscersi tra loro, ad accettarsi e a capirsi». Michele Dau, ex segretario generale del Cnel, tra i collaboratori di don Luigi Di Liegro ai tempi della fondazione della Caritas diocesana di Roma, ha seguito da vicino la campagna elettorale di don Franco De Donno a Ostia. Un territorio in cui «stanno prendendo piede movimenti e ideologie che alimentano una rivolta rabbiosa».
Dau, cosa sta succedendo a Ostia e come si giustifica un’astensione record?
La gente partecipa se percepisce che il proprio voto può contribuire al cambiamento, altrimenti si arrende. A Ostia c’era questa sensazione di sfiducia già da tempo. C’è stato un commissariamento molto lungo dopo un caso grave di scioglimento del consiglio municipale e poi la condanna del presidente. La fase commissariale, inoltre, non ha innescato nessun processo di cambiamento.
Un cambiamento che neanche i 5 Stelle sembrano essere in grado di rappresentare.
Dopo il ballottaggio potremo valutare meglio. Ma governare, in questa fase e con questi problemi, sarà una sfida più difficile. Serve maggior coinvolgimento dei cittadini. Devono essere informati, conoscere le difficoltà. Servono politici più capaci di coinvolgere e di comunicare, anche i problemi. Non basta fare annunci o dare notizia di pseudosuccessi.
Nel frattempo CasaPound cresce e supera il 9%, cosa significa?
È la classica risposta negativa ai problemi di cui stiamo parlando. Persone che speculano sulla rabbia e sul disagio rivolgendosi soprattutto al mondo giovanile, e questo è l’aspetto più drammatico. Si tratta di giovani in cerca di un’identità, di aggregazione. Questi movimenti eccitano un sentimento di identificazione attorno a obiettivi di giustizia sociale distorta e rabbiosa. È l’altra faccia del degrado sociale. Non c’entra neanche l’ideologia. Il problema è che a Ostia i giovani non hanno nulla: mancano luoghi dove studiare, aggregarsi e riconoscersi. E facile pescare in questo bacino.
A Ostia c’è anche la mafia.
Il problema di Ostia è che si è creata un’aspettativa attorno al progetto di trasformazione del lido, che, in effetti, rappresenta un modello ormai superato. Il piano Ostia waterfront, con la promessa di creare alberghi, casinò e ristoranti, ha richiamato l’attenzione della mafia che ha opzionato diverse aree aspettando di moltiplicarne il valore. Ovvio che si tratta di un piano che non ha gambe economiche, ma ha cementato la presenza di questi gruppi che nel frattempo si dedicano allo spaccio o ad altre attività criminali, perché Ostia è una terra di nessuno.
In un quadro del genere come giudica il risultato ottenuto da don De Donno?
È un ottimo risultato: un gruppo di volontari senza alcuna risorsa economica, armati soltanto della loro esperienza e volontà, si sono messi di fronte ai cittadini raggiungendo quasi il 9%. Mi sembra davvero un buon inizio e una buona speranza per il futuro. Indica che molta gente ha fiducia se c’è una buona proposta. Credo che questa esperienza vada valorizzata, ma ha senso solo se andrà avanti. È una grande provocazione per il laicato cattolico che non è stato in grado di esprimere persone in grado di guidare un municipio. Bisogna tornare a formare i cattolici alla vita civica prima ancora che alla politica.