«Alla fine del primo round abbiamo ottenuto oltre i due terzi dei voti. Aspettiamo i dati ufficiali per dire la percentuale esatta, ma la matematica non è un'opinione». Matteo Renzi esulta per l'affermazione al voto nei circoli per il congresso nazionale del Pd e stoppa subito le polemiche sui numeri. «Qualcuno dice che in qualche caso ci sono stati dei problemi e delle incongruenze: sono il primo a dire che dove ci sono problemi riconosciuti (ammesso che ci siano) è giusto che si intervenga con decisione invalidando il voto. Noi siamo i primi ad avere interesse che tutto sia trasparente: perché una vittoria così larga e così bella non sia sporcata dalle polemiche del giorno dopo. Allo stesso tempo chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica. Quando si vince, si vince. Quando si perde, si ammette. Punto». Pronta la replica di Andrea Orlando: «Io non ho mai messo in discussione il risultato, ho segnalato delle cose che secondo me non funzionano e che credo Renzi voglia affrontare come voglio affrontare io».
I numeri. Al momento le cifre del voto sono fornite dalle diverse mozioni. Tranne l'affluenza. L'organizzazione nazionale del Pd ha registrato 266.726 votanti, pari al 59,29% dei 449.852 iscritti. Mentre al precedente congresso aveva partecipato il 55,34%. Secondo la sua mozioni, Renzi sarebbe intorno al 70%. Mentre secondo quelle degli avversari Andrea Orlando e Michele Emiliano l'ex segretario sarebbe al 62%, l'attuale ministro della Giustizia al 30% e il governatore della Puglia all'8, dunque oltre al soglia del 5% per entrare alle primarie.
Le polemiche. Renzi rilancia subito la battaglia in vista dell'appuntamento del 30 aprile. «Domenica a Roma i risultati saranno proclamati e in quella sede lanceremo lo sprint». Orlando dichiara che sarà un'altra partita. Il Guardasigilli si dichiara scettico pure sui numeri ufficiali. Oltre 260mila? «Per me sono andati a votare un po' di meno». E riprende: «Dove ho visto anomalie nel tesseramento ho deciso di non presentare candidati. Per dare un segnale politico, non sono quelle scelte che fanno la differenza sui numeri. I numeri sono incontrovertibili». Mentre il coordinatore della sua campagna, Andrea Martella, lancia accuse sul voto al Sud. «Renzi nel Mezzogiorno aveva promesso di arrivare con il lanciafiamme, invece si è appoggiato sui capibastone».
Emiliano e il Csm. In Puglia l'avversario più temibile di Renzi è stato il fanalino di coda a livello nazionale, l'ex sindaco di Bari e attuale presidente della Regione, Michele Emiliano. Secondo fonti ufficiose, ma attendibili, sarebbe al primo posto con il 42% contro il 40% del fiorentino. Ma avrebbe perso nella sua Bari. Non è questa, comunque, la sfida più urgente per Emiliano. All'ex magistrato, infatti, la procura generale della Cassazione ha rivolto una nuova contestazione nell'ambito del procedimento disciplinare a suo carico davanti al Consiglio superiore della magistratura, che ha per oggetto proprio la sua candidatura alla segreteria del Pd. Il procedimento, annunciato dal sostituto Pg della Cassazione Carmelo Sgroi, si riferisce al fatto che Emiliano avrebbe di nuovo violato il divieto per i magistrati di iscriversi ai partiti politici. Si tratta della stessa accusa di cui Emiliano deve già rispondere per essere stato segretario e presidente del Pd della Puglia. Intanto oggi la sezione disciplinare del Csm, presieduta dal vicepresidente Giovanni Legnini, ha rinviato all'8 maggio proprio il procedimento in cui Emiliano è per l'appunto accusato di illecito disciplinare per aver svolto mandato amministrativo come sindaco di Bari (dal 2004 al 2009), per essere stato assessore "esterno" al comune di San Severo (Fg) e per l'incarico di presidente della Regione Puglia (da giugno 2015 a oggi). La sezione disciplinare ha anche respinto l'ammissione dei testimoni richiesta dalla difesa di Emiliano, rappresentata dal procuratore capo di Torino, Armando Spataro. «Tutto tranquillo. Sono le regole del processo», ha commentato Emiliano.