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Le regioni meridionali e le aree interne rischiano di perdere i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza contro la povertà educativa per la difficoltà degli enti locali nel presentare i progetti. L'allarme arriva dal rapporto annuale dell'Osservatorio sulla povertà educativa dell'impresa sociale Con i bambini che, per la prima volta, analizza alcuni dei più significativi interventi del Pnrr per il potenziamento dei servizi d'istruzione, che prevedono un investimento complessivo di 19,44 miliardi di euro. In particolare, la ricerca di Con i bambini e Openpolis si concentra sull'attuazione della misura per la fascia d'età tra gli 0 e i 6 anni, che prevede interventi per un totale di 4,6 miliardi di euro con l'obiettivo di creare 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole dell'infanzia. La parte più cospicua è assegnata attraverso un nuovo bando da 3 miliardi di euro, di cui 2,4 destinati agli asili nido. «Ma il punto di partenza non è uguale per tutti», si legge in una nota di Con i bambini e Openpolis.
Restano i divari territoriali
Soltanto a titolo di esempio, a Catania nel 2020 i posti nido erano solo 7,5 ogni 100 bambini, mentre la media italiana è del 27,2 per cento e l’obiettivo Ue fissa la soglia minima al 33 per cento. E ancora. Sotto il 10% dell'offerta di posti si trovano soltanto capoluoghi meridionali (Ragusa, Caltanissetta, Cosenza e Caserta), mentre nelle aree periferiche si arriva al 20% rispetto al 33% dei comuni polo e al 25% dei comuni di cintura. Spesso, si legge nel rapporto di Con i bambini e Openpolis, «sono proprio i territori più carenti di servizi a mostrare le maggiori difficoltà nel presentare progetti, in particolare nelle regioni meridionali». Da qui il rischio concreto che, in assenza di progettazione, i territori non siano in grado di spendere i soldi che il Pnrr assegna loro.
«Usciamo dalla trappola della povertà educativa»
«I fondi del Pnrr - sottolinea il presidente di Con i bambini, Marco Rossi Doria - rappresentano realmente una grande opportunità per rilanciare un Paese, ricco e che fa pochi figli, che si permette di avere un terzo dei suoi ragazzi in povertà assoluta o relativa – ricorda Rossi-Doria -. Ci vuole però attenzione alla “messa a terra” del piano. È questa ora la priorità. Dobbiamo uscire dalla trappola della povertà educativa: la povertà economica limita le opportunità di apprendimento e di crescita sana dei minori e, viceversa, un minore apprendimento, una minore istruzione e minori opportunità generano ulteriore esclusione sociale. Grazie al lavoro di Con i Bambini e il Fondo per il contrasto alla povertà educativa sono stati raggiunti 500mila bambini e ragazzi che vivono in condizione di povertà educativa potenziando i loro diritti. Ma non basta. Occorre intervenire in una logica pubblica complessiva, che coordini in una strategia unitaria i diversi interventi, ordinari e straordinari».
Scuole più “verdi”: il Sud arranca
Anche il secondo, importante investimento del Pnrr, che riguarda la riqualificazione energetica degli edifici scolastici, con l'obiettivo di costruire nuove scuole sostenibili riducendo del 50% i consumi energetici, vede i territori meridionali in forte ritardo. Oggi, infatti, il 57,5 per cento degli edifici scolastici è dotato di accorgimenti per il risparmio energetico, con quote che superano l’80 per cento nelle province di Bergamo, Padova, Lecco, Sondrio e Vicenza. Invece non arrivano al 20% nei territori di Crotone, Trapani e Reggio Calabria. Anche in questo caso, il 42,4% delle risorse del piano (che ammontano complessivamente a 1,19 miliardi di euro) è previsto per il Mezzogiorno. Ciò nonostante, si legge nel rapporto, «gli enti locali di sei regioni restano comunque al di sotto dello stanziamento inizialmente previsto».
Dispersione al 10,2% entro il 2026
Infine, il rapporto Con i bambini e Openpolis analizza la terza misura del Pnrr per il capitolo istruzione, quella che punta a ridurre i divari territoriali e la dispersione scolastica, con interventi per 1,5 miliardi di euro. Obiettivo? Portare il tasso di dispersione scolastica dall'attuale 12,7% (tra i più alti d'Europa) al 10,2% entro il 2026. E questo vale soprattutto per il Mezzogiorno, dove, ricorda il rapporto, «gli abbandoni sono più frequenti e gli apprendimenti inferiori». In totale gli istituti destinatari della prima tranche del piano sono 3.198, per complessivi 500 milioni, di cui il 51,2% per Sud e Isole. L'utilizzo effettivo di queste risorse deve, però, fare i conti con una serie di criticità, alcune delle quali già evidenziate dal gruppo di lavoro istituito al Ministero dell'Istruzione.
Coinvolgere le comunità
«Non sembra valorizzato a sufficienza lo strumento dei patti educativi di comunità - si legge nel rapporto -. Una debolezza che rischia di condizionare la riuscita dell’investimento. Il coinvolgimento delle comunità educanti rappresenta infatti la principale strategia di lungo periodo affinché misure così importanti non si risolvano in interventi estemporanei».