martedì 23 maggio 2023
Fino al 19 luglio sono in calendario le udienze al Tribunale di Genova. Botta e risposta tra ex-manager e i legali dei 59 imputati
Le macerie del ponte Morandi di Genova

Le macerie del ponte Morandi di Genova - Ansa

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A quasi cinque anni dal crollo del ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 provocò 43 morti, più di 600 famiglie sfollate, decine di aziende costrette a chiudere o a trasferirsi e una ferita che sanguina ancora, al Tribunale di Genova entra nel vivo il processo ai 59 imputati, tra ex-manager di Autostrade (su tutti l'ex-ad Giovanni Castellucci), ex-dirigenti e funzionari del Ministero delle Infrastrutture.

Le udienze sono programmate fino al 19 luglio, ma in questi giorni non sono mancati i colpi di scena. Ieri, Gianni Mion, l'ex-ad di Edizione, la holding della famiglia Benetton che controllava Aspi, ha dichiarato in aula che «tutti erano a conoscenza dello stato del ponte ma nessuno fece nulla». Il riferimento è a una riunione del 2010, quindi otto anni prima della tragedia, alla quale, secondo Mion, erano presenti sia Castellucci che Gilberto Benetton. Le circostanze riferiite dall'anziano dirigente sono state, però, seccamente smentite dai legali degli indagati. «Mion è inattendibile», hanno scritto oggi in un comunicato. «Le dichiarazioni di Mion - è la nota congiunta delle difese - sono risultate del tutto prive di riferimenti oggettivi e riscontrabili e rese da un soggetto che all' esito dell'esame si è dimostrato inattendibile». L'ex manager durante la deposizione ha definito quella riunione "memorabile". «Per certo vi è che il signor Mion della riunione “memorabile” non ricordava il giorno, il mese, l'anno, la stagione e neppure i partecipanti e, ad espressa domanda della difesa, ha smentito la consapevolezza di qualsiasi rischio di crollo. Anzi ha confermato che gli uffici tecnici preposti avevano garantito la sicurezza della infrastruttura», dicono gli avvocati.

Sulle parole di Mion è intervenuto anche il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, definendo le dichiarazioni «agghiaccianti». «Da un lato emerge francamente un lato di squallore umano gigantesco, ma dall'altro un vuoto normativo o quantomeno un cortocircuito ancora più grave - sottolinea Toti -, perché riguarda il fatto che si riteneva che fosse il concessionario pubblico a controllare il suo buon operato e a darsi i voti. Un po' come se fossero gli studenti a darsi i voti al compito di latino a scuola. Credo che uscirebbero tutti 9 e tutti studenti ignoranti».

«È piuttosto disarmante che un consiglio di amministrazione che ha responsabilità sociali ed economiche così importanti nel Paese abbia girato la testa di fronte al rischio effettivo del crollo del ponte Morandi - commenta Toti -. Mi auguro che i giudici non solo lo dimostrino, ma lo sanzionino con il dovuto rigore».

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