La Costa Concordia dopo il naufragio del 13 gennaio 2012 - Ansa
La collisione mentre a bordo si faceva festa, la sottovalutazione dell’incidente, un dramma che fece in poche ore il giro del mondo. La storia della Costa Concordia, dieci anni dopo, è la storia di tanti piccoli drammi dimenticati, di un’opera di rimozione durata anni ma condotta con successo e, sia pur in modo nascosto, di una grande solidarietà tutta italiana. Come quella vissuta in quei mesi dall’Isola del Giglio.
«Quando ero missionaria in Venezuela, un giorno sono andata a Messa e proprio in quei frangenti c’è stato un colpo di Stato; sono uscita tra i carri armati, mi sono messa a correre per arrivare sana e salva in convento, ma ho avuto paura. Però tanti anni dopo, quando c’è stato il naufragio della Concordia, ho vissuto un altro dramma, ancora più forte se possibile». Suor Lina Pellegrino prende a raccontare così quella notte del 13 gennaio di 10 anni fa, quando una parrocchiana svegliò lei e altre due consorelle urlando che una nave aveva fatto naufragio. «Allora aprimmo le porte del convento, dell’asilo e della scuola materna e facemmo entrare almeno 250-300 persone, soprattutto le famiglie più giovani con i bambini, mentre tanti altri stavano in chiesa, accolti dal parroco don Lorenzo».
Sessant’anni di vita religiosa tra le Francescane Adoratrici della Santa Croce, suor Lina da 23 anni è al Giglio e per gli isolani è un’istituzione, tra le scuole (tutti la chiamano affettuosamente 'la superiora'), le attività in parrocchia e la vicinanza agli anziani che va a visitare portando loro l’Eucarestia. «Quella notte – riprende a raccontare – arrivava gente che aveva freddo, i vestiti bagnati e tanta paura. Allora prendemmo tutto quello che avevamo in convento, giacconi, maglie di lana, vestiti di ogni tipo per i bambini. Molti li mettemmo a letto, compresa la mia branda e quelle di suor Maria e suor Wilma, consorelle filippine che allora erano qui. Vennero tanti isolani a portare altri vestiti e anche da mangiare. Aprimmo la nostra cucina e ci mettemmo a preparare qualcosa di caldo. Le mie due consorelle facevano la spola nella notte tra il convento e la chiesa, per portare i pentoloni con il cibo caldo. Avevamo persone dappertutto, perfino stese sui banchi della scuola. I bambini, quelli rimasti svegli, stavano nell’aula più grande della scuola, prendemmo tutti i giochi dell’asilo e per loro fu comunque una specie di festa, perché non si rendevano conto di quello che stava accadendo. Ricordo il più piccolo, aveva pochi mesi, e mentre cucinavamo ce lo passavamo tra di noi, per fargli un po’ di coccole. E quando, qualche anno fa, sono tornati a trovarmi alcuni di quei bambini, nel frattempo diventati grandicelli, mi sono commossa».
Ma è soprattutto un altro sentimento, quello della tristezza, che per anni ha attraversato il cuore e gli occhi di questa suora che con altre tre religiose ancora oggi porta avanti l’asilo e la materna dell’isola, con 19 bambini. «Ogni giorno, appena alzata, aprivo la finestra e mi trovavo davanti la sagoma della Concordia adagiata nel nostro mare. E ogni volta ripensavo a quella notte, a quei bambini».
Ci sarà anche suor Lina, con tutti i gigliesi, in questo 13 gennaio, a ricordare gli eventi di dieci anni fa: il programma della giornata prevede la Messa alle 12, celebrata dal parroco di allora don Lorenzo Pasquotti e proprio in quella chiesa dedicata ai santi Lorenzo e Mamiliano che quella notte venne spalancata per accogliere i naufraghi; alle 13 verrà posata una corona di fiori nel punto esatto del naufragio; alle 15 la presentazione del libro 'La notte della Concordia' di Sabrina Grementieri e Mario Pellegrini; alle 16.30 la presentazione dei lavori di ripristino dei fondali dell’isola, curati dall’Istituto di biologia marina di Livorno. Infine, alle 21.30 è prevista una fiaccolata che partirà dalla chiesa per raggiungere la lapide posta a ricordo della tragedia, sul molo di Levante, accompagnata dal suono delle sirene di tutte le imbarcazioni presenti in porto.