Una commissione di alti magistrati vigilerà sui bilanci dei partiti. Controllerà già i conti del 2011 e intanto la prossima tranche - per 100 milioni - la cui erogazione era prevista per luglio, slitterà fintanto che non verrà approvata la legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. I partiti, nella bufera sull’onda del della doppia "l" dei casi Lusi e Lega, provano ad auto-riformarsi. Le prime misure saranno inserite in un emendamento al decreto fiscale che è in commissione alla Camera, in seconda lettura. La "Commissione per la trasparenza ed il controllo dei bilanci dei partiti politici", presieduta dal presidente della Corte dei Conti e composta dal presidente del Consiglio di Stato e dal primo presidente della Cassazione dovranno effettuare una sorta di controllo di secondo livello alla autocertificazione che tutti si sono impegnati a darsi in proprio. È di ieri, ad esempio, la notizia che l’Udc per certificare i propri conti si rivolgerà a una «società di livello internazionale».È quanto deciso nella riunione fiume che, chiusi nello studio del vicepresidente dei deputati Pdl Massimo Corsaro, hanno tenuto i "tecnici" Bressa e Misiani per il Pd; D’Alia, Della Vedova e Pisicchio per il Terzo polo; Corsaro stesso, Bruno e Crimi per il Pdl. Oltre due ore di incontro, poi un delicato aggiornamento per informare ognuno i vertici dei rispettivi partiti. Poi la riunione è ripresa sino a tarda sera. «Il taglio sui fondi ci sarà, ma sarà deciso, e diverrà operativo nel quadro della legge organica sui partiti che le forze politiche di maggioranza si impegnano a portare in aula per maggio», fa sapere Pino Pisicchio "tecnico" dell’Api.Dovranno essere rese pubbliche le donazioni oltre 5mila euro, mentre le contribuzioni dei partiti a fondazioni, enti o società - superiori ai 50mila euro annui - comporteranno per questi ultimi l’obbligo di sottoporsi ai controlli della Commissione. Gli investimenti, infine, potranno avvenire solo in titoli di Stato italiani.Sulla riforma dei partiti c’è già una proposta formalizzata dal Pdl (primo firmatario Marco Marsilio) per il riconoscimento della loro personalità giuridica. Tocca a Pierluigi Bersani (che in un vertice con Letta, Bindi, Franceschini e Finocchiaro ha dato il via libera come Pd) dar voce all’orgoglio dei partiti: «Se c’è chi pensa di lasciare la politica al miliardario, non sono d’accordo», attacca il segretario del Pd. Con questi soldi si fa attività politica, non si aggiustano le case, in tutto il mondo c’è il finanziamento ai partiti». Il Pdl ha «i conti in regola, non teme controlli ed è contento di non essere coivolto in questo bailamme», rivendica il segretario del Pdl, Angelino Alfano. «Siamo non pronti ma prontissimi - conferma - a procedere con la massima rapidità».Dall’opposizione Antonio Di Pietro gioca su due tavoli. «Doppio binario» anzi, così lo definisce. Al tavolo dell’antipolitica Idv concede pieno sostegno alla proposta di iniziativa popolare e al referendum che chiedono l’abolizione del finanziamento pubblico. Ma Di Pietro si dice anche disposto, al tavolo della politica, ad appoggiare la proposta della maggioranza. Poi, a sera parla di «solito accordicchio di facciata». «Autofinanziamento o 5 per mille», propone Roberto Maroni per la Lega, epicentro dello tsunami abbattutosi sulla politica.