mercoledì 29 maggio 2024
Roma, Genova, Milano: una commissione parlamentare ha puntato gli occhi sulle aree urbane più degradate. Save The Children e Unicef in campo per contrastare la povertà educativa con progetti condivisi
L'arcivescovo di Milano Mario Delpini in occasione di una sua visita alle case popolari del quartiere Giambellino di Milano. tra le periferie problematiche della città

L'arcivescovo di Milano Mario Delpini in occasione di una sua visita alle case popolari del quartiere Giambellino di Milano. tra le periferie problematiche della città - Fotogramma

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«Non esistono aree del Paese in cui le Forze di polizia non possono decidere di entrare quando vogliono». Parola di Vincenzo Nicoli, direttore controllo del territorio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, che il 13 settembre 2023 rassicurò così la commissione parlamentare d’inchiesta su sicurezza urbana e periferie. Salvo poi ammettere che «ci possono essere sicuramente aree in cui sono state alzate barriere fisiche». Non solo in alcuni quartieri difficili del Sud, ma anche a Roma (il fortino di Tor Bella Monaca) e persino al Nord. Nicoli indicò come esempi il Gad di Ferrara e Mestre. Luoghi dove prevale il degrado urbanistico e, di conseguenza, aumenta la «densità criminale». In queste zone le forze dell’ordine, se vogliono effettuare controlli, devono arrivare con almeno due pattuglie perché «una può risultare non sempre sufficiente a gestire in sicurezza l’intervento». Non c’è solo Caivano, insomma. Le periferie difficili spuntano anche in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto. Non si tratta di ghetti: il modello della banlieue francese è fortunatamente lontano, però alcune situazioni destano crescente preoccupazione tra polizia e carabinieri, chiamati a inoltrarsi in un habitat delinquenziale dove attecchiscono facilmente anche i criminali d’importazione. Le zone critiche si possono facilmente individuare attorno alle stazioni cittadine, diventate un po’ ovunque un approdo per esistenze allo sbando, oltre che piazze di spaccio.

È qui che finiscono molti minori stranieri non accompagnati, che si abituano in fretta a vivere di espedienti, spesso sfruttati da connazionali adulti. Accade a Milano, ma anche a Padova e Mestre solo per fare alcuni esempi. L’altro fronte caldo è quello dei grandi palazzoni popolari costruiti negli anni ’50-’60: sorti per accogliere l’emigrazione operaia dal Sud Italia, adesso sono diventati fatiscenti rifugi dei migranti africani e asiatici, dove la legalità fatica a imporsi. Proprio Nicoli fece durante l’audizione in commissione una osservazione interessante e acuta, individuando il minimo comune denominatore della questione: «Sono tutte quante aree che sono indubbiamente carenti di servizi per fare le cose normali: dei trasporti, della palestra, della scuola, mi permetto di dire anche del bar dove il vecchietto si può andare a prendere il caffè, sedersi fuori e non avere problemi di vedere situazioni particolari». Quartieri dormitorio, dove tutti si fanno gli affari loro e pochi, quasi sempre i soliti noti, dettano le regole. Posti dove anche la Chiesa vive situazioni di frontiera, con parrocchie e oratori assediate da spacciatori e baby gang, costrette a chiudere il portone per evitare guai.

Pioltello è balzato all’onore delle cronache per il caso della scuola chiusa in occasione del Ramadan, ma la sua storia parte da lontano, con le radici dei problemi che affondano in errori antichi. La commissione parlamentare sulle periferie, in un sopralluogo di otto anni fa, rilevò che il quartiere del Satellite era stato «realizzato in modo talmente scellerato da essersi dimostrato presto invivibile e di conseguenza abbandonato. Oggi è abitato solo da stranieri o fasce povere». Una situazione «fisicamente compromessa», che spinse la commissione a ipotizzare una soluzione drastica: la demolizione. Così come è effettivamente avvenuto qualche anno fa per le famigerate torri di Zingonia, vicino a Bergamo, e di recente per le Dighe di Begato, ai margini di Genova. Due luoghi dove si è deciso di ripartire letteralmente da zero, abbattendo gli edifici. La gente è stata trasferita altrove, dove è più facile integrarsi. Al posto dei palazzoni sorgono nuove residenze e servizi, nel tentativo di ridare linfa vitale a un paesaggio urbano logorato da anni di incuria. Ma dove non è possibile demolire, si cerca di ristrutturare il tessuto sociale. Un fronte urbano su cui combattono quotidianamente le associazioni del Terzo settore, in alcuni casi in rete con Comuni e parrocchie, a partire dalla stessa Pioltello fino al quartiere Barriera di Torino.

Sul campo giocano anche Unicef e Save The Children, che per riqualificare puntano tutto sul contrasto della povertà educativa, considerata la linfa vitale della delinquenza giovanile. Una sfida da vincere, visto che nella fascia 0-19 anni due su cinque vivono nelle 14 città metropolitane. Hanno bisogno di opportunità: con questo obiettivo sono partiti progetti sociali innovativi, in cui i protagonisti sono proprio i giovani abitanti. Guai calare le idee dall’alto, perché non funzionerebbero. Davanti alla commissione, il 4 marzo scorso, Giorgia D’Errico, direttrice relazioni istituzionali di Save The Children, ha spiegato la filosofia del programma “Un quartiere per crescere”, avviato in 5 periferie difficili per promuovere «un cambiamento disegnato e condiviso con chi quel territorio lo vive». Un approccio dal basso per coinvolgere sia i ragazzi che le famiglie. Con una priorità:individuare spazi aggregativi e sportivi, di cui bambini e adolescenti hanno disperatamente bisogno. Secondo Save The Children manca la palestra in una scuola cittadina su tre, mentre nei quartieri gli spazi verdi sono insufficienti, così come mancano campetti da calcio, basket e volley. Una delle soluzioni proposte è l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia:quelli destinati ai minori ora sono solo 237, cioè il 5% del totale. Si può fare di più, e soprattutto si può fare meglio.

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