Maria Alberti Casellati
Di recente ha definito il calo delle nascite in Italia «un dramma epocale» da cui, per le ripercussioni che implica, dipende il futuro del Paese. Maria Elisabetta Alberti Casellati invoca sul tema della denatalità, «una presa di coscienza forte, di tutto il Paese» e un primo significativo segnale già nella prossima legge di Bilancio. Ma, soprattutto, la presidente del Senato indica una «questione femminile », da leggere in stretta correlazione, perché «fin quando le donne verranno poste di fronte all’inaccettabile alternativa fra lavoro e maternità sarà difficile uscire da questa situazione».
Presidente, a parole, tutti sono d’accordo nel reputare la lotta alla detanalità una priorità. Perché poi c’è tanta esitazione a passare ai fatti?
Oggi è necessario che su questo tema ci sia una presa di coscienza forte, di tutto il Paese. La posta in gioco è altissima e riguarda il futuro di quel patto tra generazioni che oggettivamente è a rischio. Presto, molto presto la popolazione attiva non sarà più in grado di sostenere il carico di anziani. Invocare un 'piano per la natalità' significa adottare provvedimenti per sostenere la genitorialità sul lungo periodo. Penso, ad esempio, a delle politiche 'formato famiglia' che favoriscano il primo impiego per le giovani generazioni, agevolino l’accesso alla prima casa, introducano il quoziente familiare nella tassazione.
Crisi economica e impoverimento della popolazione hanno inciso ulteriormente. Ma quanto incide il fattore culturale?
Al di là della crisi di valori che ha travolto anche l’istituto del matrimonio, il punto è che in Italia i figli non si fanno più principalmente per ragioni economiche. È la difficoltà a trovare un’occupazione stabile che scoraggia le giovani coppie a programmare la nascita di un figlio. Ma la situazione non è meno difficile per chi il lavoro ce l’ha: i redditi si sono impoveriti e c’è poco supporto per le madri lavoratrici perché, tra le altre cose, non ci sono strutture a sufficienza per l’infanzia. È su questi fronti che le politiche pubbliche hanno il dovere di intervenire. Altrimenti il nostro resterà un Paese impossibilitato a coltivare il suo futuro.
Lei ha indicato come centrale anche il ruolo delle imprese.
Sì, ma prima bisogna porre il problema su un piano culturale: maternità e genito-rialità sono esperienze il cui valore va difeso e tutelato. Non è più tollerabile che oggi, anche quando la parità di genere si afferma nel lavoro, le donne lavoratrici, dopo la nascita del primo figlio, perdano l’occupazione o subiscano tagli allo stipendio. E non è più tollerabile che la donna accantoni il progetto- famiglia perché teme possa essere di ostacolo alla carriera. Quando parlo di una strategia per il rilancio demografico che metta al centro le imprese, penso a misure strutturali che riguardino istituti di conciliazione lavoro-famiglia, incentivi al welfare a sostegno della genitorialità, trattamenti economici non discriminatori. Invertire la rotta della denatalità si può, ma anche le aziende devono fare la loro parte.
Come sollecita il Forum delle Associazioni familiari, il reddito di cittadinanza può essere modellato in modo da favorire le famiglie con figli, visto che molte di esse sono state relegate dalla crisi oltre la soglia di povertà?
Ribadisco che non si può pensare di affrontare un tema come la decrescita demografica, così cruciale per il futuro del Paese, con provvedimenti contingenti. Dal supporto ai giovani e alle famiglie più indigenti, dagli incentivi alle imprese e agli investimenti sugli asili nido, alla defiscalizzazione dei beni e dei servizi per l’infanzia: ci vuole una visione d’insieme.
Crede che in questa legge di Bilancio sia possibile trovare una prima convergenza, almeno riguardo alla famiglia?
La Legge di Bilancio è ancora al vaglio della Camera dei Deputati, per cui esprimersi nel merito di singoli provvedimenti è prematuro. Il mio auspicio è che Parlamento e Governo mostrino sensibilità rispetto alla situazione delle famiglie e all’importanza del rilancio demografico.
Una maggioranza di centrodestra creerebbe spazi maggiori per una politica seria a favore di famiglie e natalità?
È una valutazione che da Presidente del Senato ritengo opportuno non fare. Piuttosto, è bene ricordare a tutte le forze politiche che è la nostra stessa Costituzione a imporci di tutelare «i diritti della famiglia».
L’alleanza Lega-Forza Italia viaggia su un doppio binario. In vista delle europee Berlusconi dovrebbe scegliere il fronte europeista, anche a costo di strappare con Salvini?
In Europa Lega e Forza Italia fanno parte, da sempre, di famiglie politiche diverse. La legge elettorale per le europee è proporzionale e non prevede coalizioni o apparentamenti. Ogni partito proporrà quindi ai cittadini le proprie ricette, in una competizione che mi auguro possa essere costruttiva e propositiva.
Tra il governo giallo-verde e Bruxelles, sulla manovra economica 2019, si è aperto uno scontro senza precedenti... qual è, in proposito la riflessione della seconda carica dello Stato? La mia preoccupazione è una e una soltanto: che gli effetti di queste divergenze non ricadano sul presente e sul futuro dei cittadini italiani. Auspico quindi che il quadro possa ricomporsi. Tra l’austerità a tutti i costi e un indebitamento per favorire la domanda interna ritengo sia necessario trovare un punto di equilibrio in nome dell’interesse generale.
Oggi è la Giornata contro la violenza sulle donne. Ma in questo 2018 in Italia siamo già arrivati a 65 vittime di 'femminicidio'. Da dove partire per arginare il fenomeno, dagli strumenti normativi o da quelli educativi e culturali?
Un fenomeno così complesso non può avere origine da una sola causa. È il combinato disposto di più elementi. Tra questi spicca certamente l’emancipazione della donna che ha portato l’uomo a dover accettare, non senza difficoltà, l’esperienza della parità. Aggiungerei poi quel 'permissivismo genitoriale', oggi così diffuso nelle famiglie, che sicuramente non aiuta a formare adulti in grado di capire la logica del 'rifiuto'. Per quante misure penali, processuali o amministrative vengano messe in campo, queste non potranno mai avere una piena efficacia se non vi sarà un impegno altrettanto incisivo sul piano dell’educazione e dell’informazione. Le leggi non bastano se non cambiano le menti.