La polizia irachena ha arrestato sette persone facenti parte di una cellula terroristica, i quali hanno ammesso la loro diretta responsabilità nell'attentato del 12 novembre 2003 contro la base italiana di Nassiriya, costato la vita a 28 persone, di cui 12 carabinieri, 5 militari dell'esercito, 2 civili e 9 iracheni e il ferimento di 58 persone di cui 19 italiani. È quanto ha dichiarato all'agenzia di stampa indipendente Aswat-al-Irak un alto funzionario della provincia meridionale di Dhi Qar spiegando che si è giunti agli arresti dopo le indagini sugli ultimi attentati intorno a Nassiriya costati la vita a 50 fedeli e il ferimento di altri 80, mentre erano diretti a Kerbala, seconda città sacra per i sciiti, per fare visita alla tomba dell'imam Hussein, nipote del profeta Maometto. La cellula terroristica qaedista, ha riferito agli investigatori che l'autocisterna esplosa era guidata da un attentatore di nazionalità marocchina di nome Abu al-Kacem abu Leile. Il funzionario ha inoltre fatto sapere che la cellula operava in modo autonomo senza nessun collegamento con le altre cellule di al-Qaeda presenti nella zona. Già nel febbraio del 2007, le indagini dei carabinieri del Ros sulla strage di Nassiriya erano giunte all'identificazione delle persone coinvolte nell'organizzazione e nell'attuazione dell'attentato. Tra loro spiccava Abu Mussab al Zarkawi capo dell'organizzazione qaedista "Anasr al-Islam" fedele a Osama Bin Laden, ucciso in un conflitto a fuoco nel giungno del 2006 e il giordano Abu Anas al-Shami, emiro del "Consiglio della shura" l'organo supremo ideologico-religioso dell'organizzazione terroristica "Al Tawhid wal Jihad" che ha compiuto la strage.