venerdì 6 maggio 2016
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ROMA «Renzi va fermato». Il titolo del Foglio di ieri butta nuovamente benzina sul fuoco della tensione tra parte della magistratura e il premier. Perché è il titolo di un’intervista a Piergiorgio Morosini, membro del Csm, leader storico di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dei magi-strati, e gip dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato- mafia. Il tema è il 'no' al referendum costituzionale, nel merito e nel metodo, ma non mancano parole pesanti su ministri, politici Pd e alcuni colleghi come Cantone e Gratteri («Uomini Mondadori»). Lui smentisce («Pensiero travisato»), il giornale conferma. Md lo difende (con qualche maldipancia). Ma il ministro della Giustizia, Orlando manda un messaggio al vicepresidente del Csm, Legnini: «Vediamoci per chiarire». Morosini si dice 'ferito' perché gli è stato «cucito addosso » un vestito che non gli appartiene, mettendo insieme «frasi incomplete», pronunciate durante un «colloquio informale» e che non erano destinate a diventare dichiarazioni pubbliche, e parole che non ha mai usato. Affida la sua versione alla mailing list di Md. Poi anche alle agenzie di stampa, prendendo le distanze dal contenuto e soprattutto dal titolo. Mentre arriva il primo duro attacco del Pd. «Perché io dovrei andare un domani a farmi giudicare da uno che ha preso una posizione politica contro di me?», è l’accusa del responsabile giustizia David Ermini. La posizione di Md contro il referendum è nota, ufficiale, «frutto di un grosso dibattito interno», ci spiega un importante esponente della corrente. Non tutti, però, erano d’accordo sull’adesione al comitato per il 'no'. «Il rischio era di schierarsi contro il governo e i magistrati non possono farlo», prosegue il nostro interlocutore. Ma se la posizione è nota non pochi colleghi considerano le parole di Morosini «inopportune». Anche se con una nota il Comitato esecutivo di Md, accoglie la smentita di affermazioni che «non rappresentano il suo pensiero e il suo autentico rispetto per le istituzioni. Tanto meno rappresentano la posizione di Md, il cui trasparente impegno nel Comitato per il No nel referendum costituzionale è finalizzato a rilanciare l’equilibrio dei poteri e non certo a sostenere un potere contro l’altro». Ma la smentita non basta al Guardasigilli che chiede «chiarimenti» al Csm. Ne dà notizia in plenum il vicepresidente, Giovanni Legnini, sottolineando che il ministro Orlando gli ha chiesto un «incontro formale per avere chiarimenti sulla vicenda. Non mancherò di riferirgli questo dibattito», aggiunge. Legnini definisce «inaccettabili» gli «attacchi ad esponenti di Governo e Parlamento: noi pretendiamo rispetto delle nostre funzioni e prerogative, ma nel momento in cui lo pretendiamo, dobbiamo innanzitutto assicurarlo noi, nonostante un diritto sacrosanto di critica, anche dura». Per il vicepresidente del Csm sono «inaccettabili» anche i giudizi riguardanti «persone esterne, anche magistrati ». E assicura che parlerà con il capo dello Stato della discussione avvenuta in plenum. Respinge la tesi di un Csm «come un fortino assediato dall’esterno. Nessuno di noi ha mai subito pressioni esterne, indebite». Segnala infine che non è opportuno per un consigliere del Csm impegnarsi nella campagna per il referendum sulle riforme. Sulla stessa linea il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, secondo il quale «la delegittimazione generale, da parte di un componente togato del Csm dei rappresentanti di altri poteri dello Stato lede l’immagine di indipendenza e autonomia della magistratura e del Csm, incrina la fiducia dei cittadini nella magistratura». I colleghi esprimono «stima» a Morosini, lo ringraziano per la smentita «opportuna», ma non nascondono il loro «sconcerto» per le affermazioni riportate dal Foglio. «Il rispetto delle istituzioni è una regola che deve valere chiunque governi il Paese. È lecito il dissenso, ma c’è la tendenza oggi a gettare benzina sul fuoco e a trasferire alla magistratura le tensioni politiche», avverte l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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