L'Austria vuole blindare il confine del Brennero
Dopo l'incontro tra i ministri dell'Interno di Francia, Germania, e Italia e del commissario Ue Dimitris Avramopoulos a Parigi dove si sono trovati per concordare assieme una linea comune su cui lavorare e da presentare a Tallin in Estonia all'incontro dei ministri degli interni di tutti e 28 i Paesi dell'Unione Europea. Uno dei nodi più spinosi da sciogliere sarà l'ipotesi - sul tavolo della trattativa a tre a Parigi - di far sbarcare i migranti soccorsi non solo in Italia, ma anche in porti di altri Paesi Ue. Barcellona e Marsiglia sarebbero due delle possibilità, anche se il sindaco di Marsiglia ha già fatto sapere che la sua città città non è preparata all'accoglienza dei profughi. E da fonti di Bruxelles si è appreso che Francia e Spagna sarebbero contrarie all'idea di permettere lo sbarco dei migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale nei loro porti.
Che cosa c'è al centro del dossier migranti?
Il documento sulla gestione dei flussi migratori che ha incassato già domenica l'appoggio di Parigi e Berlino, vede tra i punti qualificanti un “codice di condotta” per le Ong, sostegno anche economico alla Guardia costiera libica per il monitoraggio delle sue coste, aiuti all'Oim e all'Acnur affinché i centri in Libia rispondano agli standard internazionali per condizioni di vita e di diritti umani. Altri obiettivi: rafforzare la strategia europea sui rimpatri, incrementare i tassi di riammissione, attuare pienamente lo schema della relocation concordato a livello Ue per la riallocazione delle persone che necessitano di protezione umanitaria.
Ridurre gli sbarchi
In questa partita le Ong sono un attore fondamentale, con una libertà di movimento che ora si vuole limitare: l'ingresso in acque libiche potrebbe essere vietato così come spegnere il trasponder di bordo per la localizzazione e fare segnali luminosi; e la 'regia' delle operazioni dovrebbe essere riportata in maniera più definita sotto l'ombrello della Guardia Costiera. Il protocollo sulle Ong potrebbe spingersi a bloccare l'accesso in porto a chi non è in regola. Temi delicati - a cui si aggiunge quello della trasparenza sui finanziamenti - dei quali si parlò già settimane fa quando uscirono i contenuti di un dossier Frontex e quando scoppiò un acceso dibattito attorno alle indagini del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro: organizzazioni come Medici senza frontiere reagirono affermando che nella maggior parte dei casi è il sistema di coordinamento di Roma a dire dove andare. Quanto ai porti di destinazione, più complessa appare invece la possibilità di coinvolgere altri soggetti, come Malta, ipotesi a cui pure si era pensato. Nello specifico, va precisato che tutti gli enti coinvolti nelle operazioni di soccorso sono in qualche modo vincolati a sbarcare in Italia. La Guardia costiera italiana si comporta così perché opera solamente nei porti italiani; le navi di Frontex che compiono operazioni di soccorso tornano in Italia perché esplicitamente vincolate dagli accordi dell’operazione Triton, mentre le ong applicano la cosiddetta convenzione di Amburgo del 1979 sul soccorso marittimo, che prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” – anche dal punto di vista del rispetto dei diritti umani – per prossimità geografica, e quindi scelgono l’Italia.
La distribuzione dei migranti
L'altro capitolo chiave è quello della distribuzione dei migranti. L'Italia chiede all'Europa impegni certi e alcune modifiche. Con le regole oggi in vigore accedono alla relocation solo i richiedenti asilo di nazionalità con un tasso medio di riconoscimento pari o superiore al 75%. Una soglia troppo alta, che si chiede di rivedere.
L'Europa, però, è solo uno dei teatri di azione. "La partita fondamentale - ha dichiarato Minniti - si gioca in Libia", "Paese di transito" da cui è arrivato "nei primi cinque mesi di quest'anno il 97% dei migranti". Lì serve "un governo stabile e stiamo lavorando per farlo". L'idea di un sostegno finanziario più cospicuo per il controllo delle coste libiche va in questa direzione.
Sull'emergenza migranti il ministro dell'Interno Minniti terrà un'informativa alla Camera mercoledì 5 luglio ma non sono mancate reazioni e critiche da parte delle Ong su alcuni punti venuti a luce del documento, condiviso già con Francia e Germania, relativo alla gestione dei flussi migratori.
Caritas italiana: “Inaccettabile esternalizzare frontiere e limitare azione Ong”
“Limitare fortemente l’azione Ong ed esternalizzare le frontiere è inaccettabile, vuol dire andare nel senso inverso a quanto da noi auspicato: cioè trovare canali legali e sicuri d’ingresso in Europa”. Ma ci sono alcuni punti positivi: “Spingere sulla relocation in altri Paesi europei, abbassando la soglia di accesso sotto il 75%” e “far sbarcare i migranti anche nei porti di Barcellona e Marsiglia”: è questa la posizione di Caritas italiana esposta al Sir da Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione, a proposito dell’intesa, a Parigi, tra i ministri di Italia, Francia e Germania sulla questione migranti, in vista del summit europeo di Tallin.
Nel documento sui migranti si parla, tra l’altro, di regolamentare le azioni e i finanziamenti alle Ong che salvano vite in mare e di ridurre gli sbarchi dando più fondi alla Libia per il controllo delle coste. “Continua la delegittimazione, anche se indiretta, delle Ong – osserva Forti -. Temiamo non si vogliano avere soggetti indipendenti in mare per verificare l’operato della guardia costiera libica, al momento sotto osservazione della Corte di giustizia europea per questioni legate a crimini contro l’umanità, tra cui il caso dell’affondamento di un barcone sparando in aria”. Poi si parla di esternalizzazione delle frontiere in Libia, “un piano per noi inaccettabile dal punto di vista dei diritti umani” sottolinea.
Sulle richieste specifiche alle Ong, Forti ricorda che “molti bilanci sono già pubblici”, “nessuno ha mai dimostrato che qualcuno faccia segnali luminosi” e la guardia costiera italiana “ha più volte ribadito che le operazioni non avvengono mai al di fuori del loro controllo”. Sul divieto di entrare nelle acque libiche Forti fa notare che “la Libia non ha mai riconosciuto il sistema Sar, ossia una area di ricerca e soccorso in mare. Si è sempre mossa in maniera indipendente, al di là degli schemi previsti a livello internazionale. Questo è il primo punto su cui ci si dovrebbe attrezzare”. “Il rischio – avverte – è che diventi la solita narrazione negativa per convincere l’opinione pubblica del contrario”. I governi, a suo avviso, “devono inoltre chiedersi se i singoli Paesi sarebbero in grado di supplire a quello che oggi fanno le Ong, ossia più del 40% dei salvataggi. La questione di fondo è: chi si prende la responsabilità di non salvare le persone? È un problema di coscienza che chi decide dovrà affrontare”.
Caritas italiana: la relocation è un dovere di tutti i Paesi europei
Nel documento vi sono però, secondo Forti, alcuni aspetti positivi, tra cui “spingere per la relocation affinché il piano funzioni”. “L’obiettivo è far comprendere a tutti i Paesi europei che la relocation è un dovere, non un’opzione – afferma -. Su questo bisogna lavorare politicamente in maniera seria, abbassando la soglia che prevedeva la relocation solo per quelle nazionalità che raggiungono il 75% del riconoscimento, altrimenti nessuno viene ricollocato”. Forti è inoltre favorevole alla proposta del governo italiano di far sbarcare i migranti anche nei porti di Barcellona e Marsiglia: “Potrebbe essere un modo per alleggerire il nostro sistema di primo soccorso”. “Su questi tre aspetti possiamo ragionare – conclude -, tutto il resto va in direzione opposta a quanto auspichiamo”.
Ecco i rischi di esternalizzare le frontiere
L'Aoi, l'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale esprime forte preoccupazione per quanto nei media emerge degli esiti del prevertice di Parigi, che anticipa di pochi giorni il summit di Tallin, sul tema dei flussi migratori.
«Italia, Germania e UE hanno deciso: di dare 'fiducia' e autonomia nel controllo dei flussi dei migranti e profughi al governo libico, che non ha rispetto alcuno dei diritti umani, con la conseguente piena e libera operatività alla sua guardia costiera, quella stessa che spara alle navi che salvano vite umane, anche a quelle della guardia costiera italiana».
"Noi siamo disponibili a lavorare per migliorare le condizioni dei centri per migranti in Libia, ma ora non ci sono le condizioni di sicurezza indispensabili per operare", ha spiegato Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Oim, organizzazione citata insieme all'Acnur nella nota congiunta diffusa dai ministri dell'Interno di Italia, Francia e Germania, che assicurano maggior sostegno all'azione delle ong per far rispettare i diritti umani nelle strutture libiche. "Purtroppo - spiega Di Giacomo - siamo ancora ben lontani da condizioni accettabili, non solo nei centri ma anche nell'assistenza in seguito agli sbarchi di quelli che vengono riportati in Libia. Ai tempi di Gheddafi - ricorda - avevamo personale fisso che lavorava lì, ora organizziamo missioni dall'ufficio di Tunisi: abbiamo un accesso saltuario, non quotidiano, ai centri governativi e cerchiamo di dare assistenza medica, migliorare la situazione degli ospiti e raccogliere le richieste di chi vuole ritornare a casa. Diversi raccontano di aver subito abusi e violenze".