Un fermo immagine tratto da un video dei carabinieri di Palermo che hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 11 persone - Ansa
La mafia, il rapporto con i ‘picciotti americani’, una visita di uno di loro a Palermo, con tanto di festeggiamenti, come nei ruggenti anni Ottanta, e l’immancabile ombra di Matteo Messina Denaro. Ecco gli ingredienti dell’ultima puntata in cronaca a Palermo, cronaca nera e giudiziaria di cosche e di malaffare, maturata all’alba di stamattina quando proprio i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di undici persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l'aggravante del metodo mafioso. Secondo le accuse, sarebbero tutti componenti della famiglia mafiosa di Torretta, piccolo Comune in provincia di Palermo, e avrebbero maturato una continua corrispondenza con solidi legami con la mafia di New York.
Le indagini che sono state coordinate dalla Dda hanno portato nove accusati in carcere, una persona agli arresti domiciliari e una all'obbligo di dimora nel comune di residenza. Sotto i riflettori degli inquirenti, spuntano pagine di vecchie e nuove storie di mafia. C’è il mandamento di Passo di Rigano, c’è la famiglia mafiosa di Torretta, che avrebbe mantenuto un rapporto con gli ‘scappati’ della guerra di mafia, vinta dai corleonesi di Totò Riina. C’è un mondo che riemerge, in movimento, ma sempre uguale a se stesso, nella sua ributtante fisionomia di fondo. E ci sarebbe perfino un emissario di Cosa nostra americana, in visita a Palermo nell’autunno del 2018, accolto e alloggiato in una villa con piscina a Mondello, con tanto di coca party in omaggio. Tutti tasselli che richiamano un clima , appunto, da anni ottanta.
Secondo gli inquirenti, un ruolo importante in seno alla famiglia avrebbe avuto Raffaele Di Maggio, figlio di Giuseppe, Altri fedelissimi sarebbero stati Ignazio Antonino Mannino e Calogero Badalamenti. E non mancherebbe il profilo sinistro di Messina Denaro, il ricercatissimo ultimo latitante, evocato dai pizzini, da quei brevi messaggi con cui i mammasantissima sono soliti comunicare con i sottoposti della cosca o per mezzo dei quali ricevono indicazioni dal territorio. Di quei pizzini Torretta sarebbe stato uno dei crocevia, grazie al ruolo di Lorenzo Di Maggio, detto "Lorenzino", tornato in libertà nel 2017. E' il pentito Antonino Pipitone ad accusarlo di essere stato il postino dei messaggi per il capomafia di Castelvetrano.
Come sempre, al centro ci sono i soldi illecitamente accumulati. La famiglia di Torretta si sarebbe infiltrata anche nel sistema produttivo, grazie all’edilizia, all’agricoltura e all’allevamento di bestiame attraverso il diretto intervento nelle dinamiche di compravendita degli animali e dei terreni. Il clan sarebbe stato attivonelle commesse pubbliche e private non solo a Torretta ma anche nei comuni limitrofi di Capaci, Isola delle Femmine e Carini. Ma sarebbe arrivata fino a Palermo nei quartieri del mandamento di Passo di Rigano. L’inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvo De Luca e dai sostituti Amelia Luise e Giovanni Antoci è agli inizi. Ma sembra, come spesso accade, un brutto film siciliano.