mercoledì 14 luglio 2021
La riflessione del generale Arturo Guarino, comandante provinciale di Palermo dei Carabinieri
Arturo Guarino, oggi generale dei Carabinieri, in una foto d'archivio

Arturo Guarino, oggi generale dei Carabinieri, in una foto d'archivio - Ansa

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“Ancora una volta le indagini dimostrano il riconoscimento reciproco, culturale prima ancora che operativo, tra le famiglie mafiose delle due sponde dell’Oceano”. E’ La riflessione del generale Arturo Guarino, comandante provinciale di Palermo dei Carabinieri. Che torna a fare un appello ai cittadini. “Noi facciamo la nostra parte e ci aspettiamo anche che, una volta bonificato il terreno dagli elementi più pericolosi, ci sia una riscossa civile”.

Generale perché è importante aver colpito “cosa nostra” di Torretta?
Quella di Torretta è una “famiglia” storica, è una roccaforte antica e tradizionale di “cosa nostra” per cui siamo molto contenti di essere riusciti a penetrare un ambiente che non è semplice. Il paese è una stradina inerpicata tra le case sulla montagna a Sud di Palermo e qualsiasi movimento viene notato immediatamente.

Un piccolo paese ma con rapporti importanti.
Hanno una capacità di relazioni veramente forte. Una “famiglia” con rapporti consolidati con gli Usa, che abbiamo esplorato di nuovo. E confermiamo ogni volta la tradizione nei rapporti tra famiglie di “cosa nostra”. E’ un elemento costante che a noi dà delle chiavi di lettura ma che è difficile da scalfire perché è un riconoscimento reciproco, culturale prima ancora che operativo, tra le due sponde dell’Oceano. E ancora una volta è stato dimostrato dalle indagini serrate.

In tutte le ultime inchieste ricompaio gli americani e gli “scappati”, la componente perdente nella guerra di mafia. Cosa è? Rioccupare spazi dai quali erano stati cacciati dai vincitori, i corleonesi? Non si sono arresi.
Esatto. La famiglia di Torretta era proprio uno degli elementi di garanzia agli “scappati” per un rientro sereno sull’area palermitana dopo la terribile guerra coi corleonesi. Sono talmente radicati da essere elemento di garanzia tra diverse fazioni e anime di Cosa nostra.

Gli scappati erano la componente mafiosa che meno usava la violenza, lavorava sotto traccia. Il loro ritorno non è per questo preoccupante, la conferma del basso profilo dell’attuale Cosa nostra”?
E’ connaturata con la mafia tradizionale che usa la violenza solo quando è strettamente necessario alla propria funzione: non essere interlocutrice nell’esercizio della violenza con lo Stato, ma essere mediatrice di attività illecite, soprattutto nell’economia del territorio e nel controllo delle istituzioni locali. Soprattutto in periferia, nei paesi rurali, la violenza non ha bisogno di essere esibita perché avere certi cognomi di per se stesso ha una forza intimidatrice nei confronti della collettività locale. Perciò noi speriamo che, visto che a breve si andrà ad elezioni, con un’ulteriore e forte bonifica la comunità possa democraticamente reagire.

Voi tornate a fare un appello ai cittadini a collaborare: noi vi stiamo aiutando a liberarvi però dateci una mano.
Lo scatto di dignità e di libertà deve essere in primo luogo della collettività locale.

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