martedì 28 gennaio 2025
La Fondazione: dei 6 decreti attuativi previsti, ne è stato approvato soltanto uno; 3 sono scaduti, per altri 2 non è stata definita alcuna scadenza. «Disattesi i bisogni di milioni di italiani»
Operatori sanitari in un grande ospedale italiano

Operatori sanitari in un grande ospedale italiano - Ansa

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«Un lontano miraggio». Così la Fondazione Gimbe definisce i potenziali, e al momento mancati benefici, del decreto (poi convertito in legge) sulle liste d’attesa che, nella volontà dell’Esecutivo, avrebbe dovuto imprimere una svolta nell’espletamento di diagnosi e cure, come peraltro auspicato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno. Quella che Gimbe rivolge al Governo è una sonora bocciatura a causa dei ritardi nell’adozione dei decreti attuativi previsti dalla legge, al di là delle «dichiarazioni istituzionali» che dipingono una «situazione ben diversa»; a questo punto serve «tracciare un confine netto tra realtà e propaganda».

I decreti attuativi, spiega la Fondazione, rappresentano il motore delle riforme «ma a sei mesi dalla conversione in legge si registra uno stallo» che ne «paralizza l’attuazione». Dei sei previsti – troppo numerosi per avere un carattere di urgenza, lamenta Gimbe – «al 29 gennaio, stando a quanto risulta dallo stesso dipartimento per il Programma del Governo, ne risulta approvato solo uno». Gli altri? «Tre sono già scaduti» da mesi, mentre per altri due «non è stata definita alcuna scadenza». Prevedibile, secondo il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, visto che la storia parlamentare è lastricata di vari passaggi tra valutazioni tecniche, attriti politici e iter burocratici tra Camere e ministeri che, quando non si perdono le tracce delle stesse norme, «rendono impossibile applicarle».

Cosa prevede la legge

Eppure la legge era costruita per risolvere non pochi problemi a milioni di italiani. Ecco, in soldoni, cosa prevede: l’obbligo per le Regioni di creare un centro unico di prenotazione integrato con le agende delle strutture pubbliche e private accreditate; l’introduzione di un sistema di disdetta delle prenotazioni; il divieto di chiudere le agende; l’attivazione dei percorsi di garanzia (se il cittadino non ottiene una prestazione nei tempi previsti nel pubblico, questa deve essere erogata nel privato convenzionato o tramite l’attività intramuraria). E anche i benefici volti a migliorare la governance delle liste di attesa: dalla piattaforma nazionale per uniformare la lettura dei dati sui tempi di attesa tra le Regioni, all’istituzione di un organismo di verifica e controllo che può esercitare i poteri sostitutivi nelle Regioni inadempienti.

La ricostruzione dell’iter

Di tutto questo non c’è nulla o quasi, incalza Gimbe, che così ricostruisce l’iter del provvedimento: lo stato di avanzamento dei decreti è stato oggetto di un question time alla Camera lo scorso 5 novembre, in cui il ministro Orazio Schillaci ha dichiarato che «da febbraio 2025 sarà disponibile il cruscotto con gli indicatori di monitoraggio delle liste d'attesa, con i dati relativi a tutte le Regioni e le Province autonome». Ma le “Linee guida di realizzazione”, analizza Gimbe, sono state inviate solo il 17 dicembre 2024 alle Regioni; le quali, il giorno dopo, hanno chiesto tempo per esaminare il testo. Tuttavia, «tra complessità tecniche e attuazione dei progetti – evidenzia Cartabellotta –, è utopistico pensare che la piattaforma sia operativa entro febbraio». In particolare, ammette Gimbe, desta «molte perplessità» il decreto sul superamento del tetto di spesa per il personale sanitario: infatti, «oltre alla mancanza di una scadenza definita, la “nuova metodologia” Agenas per stimare il fabbisogno di personale non è ancora stata approvata». Eppure, si tratta di uno «step cruciale perché vincola l’assunzione» di nuovi sanitari.

Operatori sanitari in un grande ospedale italiano

Operatori sanitari in un grande ospedale italiano - Ansa

Il commento di Cartabellotta è senza appelli: «Le interminabili liste d’attesa sono il sintomo di un indebolimento tecnologico, organizzativo e soprattutto professionale del Servizio sanitario nazionale. Affrontare questa criticità richiede consistenti investimenti sul personale e coraggiose riforme organizzative. Concentrarsi unicamente sul “sintomo” (i lunghi tempi di attesa), piuttosto che risolvere “le cause della malattia” è un approccio semplicistico che guarda al dito invece che alla luna». Insomma, «le riforme annunciate restano un esercizio retorico se non tradotte in azioni concrete, mentre il raggiungimento di risultati parziali è solo una magra consolazione politica, priva di reali benefici per la società».

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