domenica 12 marzo 2017
Al Lingotto amministratori di lungo corso, gli eredi della Leopolda ed ex forzisti. Li unisce la leadership di Renzi: e' l'unico argine a M5S.
L'assemblea Pd al Lingotto (Ansa)

L'assemblea Pd al Lingotto (Ansa)

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Rispetto alle Leopolde, il Lingotto 2017 di Renzi ha una media età che sale di almeno 10 anni. E una densità di amministratori e dirigenti dem in carriera decisamente più alta di quella che si vedeva alla kermesse fiorentina, per sua natura “civica”. E così, quell’amalgama tra riformismo, moderatismo e sinistra tradizionale così difficile da raggiungere tra i capicorrente, è ancora più complessa da realizzare in una platea così variegata.

Difficile tenere insieme, insomma, il “popolo del 5 dicembre” – quelli che sono entrati nel Pd dopo la sconfitta referendaria, più renziani dei renziani della prima ora – con i capelli grigi di sindaci e consiglieri comunali che vedono Renzi più come ultimo appiglio che come leader indiscusso.

"Dov’è la riforma costituzionale che D’Alema doveva fare in 6 mesi?", attacca subito Chiara Meazza, assessore al sociale di Senago, nel milanese. È lei l’emblema dello stato d’animo degli under 30 che hanno vissuto come uno smacco la sconfitta al referendum e ora vogliono spingere Renzi verso la “remuntada”. Per lei dubbi non ce ne sono: la sinistra moderna è quella di Matteo, liberale in economia e sociale con i deboli. "Ma la vera urgenza – prosegue - è dare soldi ai comuni, che oramai sono chiusi in una gabbia". In ogni caso, il punto focale è uno: "M5S sceglie il candidato-sindaco di Monza con 20 click. Noi siamo l’ultimo argine al populismo".

Girando nella platea le commistioni sono obiettivamente originali: seduti uno a fianco all’altro, i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil dello stesso distretto industriale. Il Nord domina: ovvio che sia così al Lingotto di Torino, però la sensazione è che ciò rispecchi un maggior radicamento delle idee di Renzi nel Settentrione. Tra l’altro i dati referendari parlano chiaro.

A fianco a un navigato consigliere provinciale di Potenza che ammette “scegliamo Renzi perché altre scelte non ce ne sono” siedono under40 che nemmeno sono iscritti al Pd. La sfida è che abbiano uguale potere di parola al Lingotto ma anche nel partito che sarà. È il caso di Lorenza Baroncelli, assessore alla Rigenerazione urbana di Mantova, città della cultura 2016: "Chi vuole davvero fare qualcosa di costruttivo per il Paese oggi sceglie Renzi. Lui è nato per governare, e governare significa rappresentare tutti, a sinistra e a destra. È normale. Il macchinone Pd non mi convince, Matteo sì". Al suo fianco Tommaso Sacchi, che a 34 anni già guida la segreteria del sindaco Dario Nardella a Firenze per l’area culturale: "Quest’anno ho fatto la mia prima tessera. Qui c’è davvero spazio per le giovani generazioni, si fanno politiche proattive, vere. Si può crescere perché Matteo ha aperto il partito a tutti".

I “nativi Pd” dominano, c’è chi aderisce dal 2007, dal Lingotto di Veltroni. E assicura che sta uscendo chi non ci ha mai creduto nel progetto dem. Chi però ha 10 anni di militanza alle spalle, avverte: "Guardate che quelli di Orlando, se perdono male, se ne vanno". Chi ha occhi sul territorio teme che la slavina non sia ancora finita.

Poco male, per i più giovani. E specie per chi arriva. Da Roma Enrico e Mimmo assicurano: "Questo Renzi umile ci piace, la botta lo ha cambiato e gli ha fatto bene. Lui è l’unico statista presente nel Paese". Il problema, però, è che fare sui territori: "Se dobbiamo stare sotto i soliti capibastone, non va bene", dicono pensando ai fatti della Capitale. E in effetti il nodo di come articolare il partito nelle città non è stato ancora sciolto.

Guardando la platea, è facile riconoscere chi viene dal voto o dalla militanza o addirittura da esperienze amministrative con Forza Italia. Sono quelli che si spellano le mani quando parla Renzi o quando Biagio De Giovanni si scaglia contro i magistrati che condizionano la politica. Sono un drappello discreto. Che soffre in silenzio, invece, quando Martina scalda i custodi della sinistra tradizionale. Il ragionamento di base è semplice: "Facciano pure la tassa sulla speculazione, basta che non toccano l’Imu…".

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