Il Palazzo della Consulta
L'attesa decisione della Corte costituzionale sull'Italicum è arrivata. La Consulta ha eliminato parti rilevanti della legge elettorale ora in vigore per la Camera dei deputati. Ne viene fuori, spiega la stessa Consulta in una nota per la stampa, un nuovo sistema di voto immediatamente utilizzabile. LEGGI LA NOTA DELLA CONSULTA
VIA BALLOTTAGGIO E PALETTI ALLE PLURICANDIDATURE
Come previsto alla vigilia, la Consulta elimina il ballottaggio al secondo turno e invece "salva" il premio di maggioranza che spetta alla lista che raggiunge il 40 per cento dei voti (tale premio consente di arrivare al 55 per cento dei deputati).
Per quanto riguarda le "pluricandidature", la Corte costituzionale ha ritenuto di dover cassare la disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere dove prendersi il seggio. Si procederà per sorteggio. Nessun rilievo al fatto che i capilista siano "bloccati", quindi indicati dai partiti.
Risultano dunque accolti in punti sostanziali le questioni sollevate dai tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova.
IL DIFFICILE LAVORO PARLAMENTARE DI "ARMONIZZAZIONE"
Per quanto riguarda la materia elettorale, lo stato dell'arte ora è questo:
- alla Camera vige l'Italicum ritoccato, che M5S chiama "Legalicum", che consiste in una legge proporzionale con sbarramento al 3 per cento e premio di governabilità per la lista che raggiunge il 40 per cento dei consensi;
- al Senato vige invece il "Consultellum", ovvero ciò che resta del vecchio Porcellum dopo la correzione operata dalla stessa Corte costituzionale: un sistema proporzionale con sbarramento al 2 per cento per chi sta in coalizione e al 4 per cento per chi corre da solo.
Il presidente della Repubblica, nel messaggio di fine anno, chiede alle forze politiche di procedere ad una "armonizzazione" dei due sistemi. Ma la trattativa politica non è facile, anche perché alcuni gruppi parlamentari temono che chiudere ora un'intesa sul sistema di voto significhi spalancare le porte al voto anticipato.
L'"armonizzazione" potrebbe consistere nel tentativo di traslare il "Legalicum" anche sul Senato, anche se c'è un dubbio costituzionale: è ammissibile prevedere anche per Palazzo Madama - eletto su base regionale - un premio di governabilità fondato sul risultato nazionale?
Un secondo tipo di "armonizzazione" potrebbe consistere in lievi ritocchi al Consultellum (i collegi, le preferenze, i listini) per renderlo più simile al sistema di Montecitorio.
Un terzo tipo di "armonizzazione" è l'inserimento delle coalizioni anche nella legge elettorale che la Corte costituzionale ha oggi indicato per la Camera dei deputati, rendendo così possibile l'obiettivo di arrivare al 40 per cento.
LA PARTITA A SCACCHI TRA I PARTITI
Il Pd è diviso. Renzi, tentato dal voto anticipato a giugno, proverà a rilanciare il Mattarellum sapendo di incassare il "no" della minoranza dem e di Forza Italia. A quel punto si proverà ad armonizzare le due attuali leggi. Il punto però è che parte del Pd, di Forza Italia e del centro vogliono lavorare alla legge elettorale con maggiore calma, con l'obiettivo di andare al voto nel 2018, a scadenza naturale della legislatura.
Chi invece si dice pronto ad andare al voto subito sono M5S e Lega. Per loro, per Grillo e Salvini, si può andare alle urne anche con due sistemi di voto diversi, partendo dal presupposto che non sono possibili accordi in Parlamento su una nuova legge elettorale. E' uno scenario che anche Renzi valuta se non dovesse decollare l'intesa politica. Gli uomini del Pd più vicini all'ex premier, come il capogruppo alla Camera Rosato, non ha dubbi sul fatto che il voto anticipato sia ora possibile.
IL RITORNO AL PROPORZIONALE
L'unica certezza derivante dalla decisione della Consulta è il ritorno del sistema politico a leggi elettorali di chiara impostazione proporzionale. E allo stato dei fatti, sia con l'armonizzazione tra i due sistemi elettorali sia lasciando le due leggi così come sono, è altamente probabile che il prossimo governo del Paese nascerà con alleanze successive al voto. Il fatto che la decisione della Corte costituzionale sia "autoapplicativa" rende più difficile la vita di chi voleva fare "melina" sulla legge elettorale.