il segretario generale della Filca-Cisl, Enzo Pelle - ImagoEconomica
«Nella tragedia di Firenze ci sono delle ipotesi che ci lasciano sconcertati: pare addirittura che ci fosse un problema di consolidamento della struttura. E ancora non sappiamo con esattezza quanti lavoratori erano presenti nel cantiere al momento del crollo». Dieci ore dopo i fatti, il segretario generale della Filca-Cisl, Enzo Pelle, mette in fila i tanti punti interrogativi che ancora non hanno ottenuto una risposta. Domande che riguardano strettamente la vita di chi in quel cantiere lavorava e vi ha trovato la morte. Come, ricorda Pelle, in edilizia accade con una drammatica frequenza: un morto ogni due giorni.
Segretario, ancora una volta piangiamo la morte di lavoratori e, ancora una volta, diciamo «mai più». Ma che cosa manca perché questa promessa sia mantenuta?
In questo caso specifico, ci mancano ancora troppi elementi per definire con esattezza le cause della tragedia. Da questo punto di vista, circolano ipotesi sconcertanti. In ogni caso, noi continuano a ribadire che la sicurezza nei cantieri è la priorità: l’edilizia è tra i settori a più alto rischio, con in media una vittima ogni due giorni. Una scia di sangue inaccettabile. Bisogna affrontare questa emergenza elevando la qualità della sicurezza e della formazione e applicando il contratto edile. Ancora non ci sono conferme, ma pare che nel cantiere di Firenze ci fossero lavoratori edili con il contratto dei metalmeccanici, meno oneroso per le imprese. Ripeto, se così fosse sarebbe gravissimo.
Ma che cosa si può fare, ancora, per aumentare la regolarità e, quindi, la sicurezza di questi cantieri?
In presenza di cantieri di una certa rilevanza e ad alta densità di manodopera - in questo di Firenze erano impegnati tra i 50 e i 70 lavoratori - credo sia necessario introdurre alcune delle norme in vigore negli appalti pubblici. Perché è innegabile l’interesse pubblico di questi interventi, che non possono essere regolati esclusivamente dal contratto privatistico, che è molto meno vincolato di quello pubblico, anche dal punto di vista dei controlli e della sicurezza.
Ma così non si rischia di bloccare le opere?
Non sto dicendo di applicare le regole del pubblico a tutti gli appalti privati. Ma soltanto a quelli di una certa importanza, dove la presenza di lavoratori e di imprese è massiccia - come, appunto, a Firenze - e quindi anche le regole e i controlli di sicurezza devono tenerne conto. Insomma: chiediamo una maggiore trasparenza per avere più sicurezza. Un obiettivo per cui si può ben rinunciare a un pezzo di libero mercato.
La patente a punti, vostro cavallo di battaglia da anni, potrebbe aiutare o ormai è uno strumento superato?
La proposta della patente a punti è stata lanciata nel 1981 e ancora non c’è. E, invece, con gli opportuni correttivi, potrebbe ancora svolgere la sua funzione di indicatore della qualità della sicurezza delle imprese e nei cantieri. E servire anche per premiare quelle imprese virtuose, che rispettano le regole e non fanno concorrenza sleale sulla pelle dei lavoratori, risparmiando sulla sicurezza. Ancora oggi, però, chiunque può andare alla Camera di commercio e iscriversi come imprenditore edile, anche senza avere la necessaria preparazione. Tutto ciò non è più accettabile.
Che iniziative avete deciso di assumere per sensibilizzare i cittadini sul tema della sicurezza del lavoro?
Con la Fim, la categoria dei metalmeccanici, abbiamo deciso di mettere in campo iniziative territoriali e assemblee nei luoghi di lavoro, che culmineranno in una manifestazione nazionale, per un’azione forte che coinvolga i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e che serva davvero a cambiare le condizioni di lavoro e di sicurezza in tutte le fasi del sistema dei grandi appalti pubblici e privati.
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