Un operatore di Emergency impegnato in mare - L.Liv.
Se da una parte ci sono ancora tanti punti da chiarire e altrettanti nodi da sciogliere, dall’altra una cosa è certa: per il momento, il protocollo con Tirana per il trasferimento in Albania dei migranti salvati sui barconi nel Mediterraneo, disegna “la cornice politica e giuridica di questa collaborazione”, informa in una nota a mo’ di scheda Palazzo Chigi. Su tempi, modi e costi ci sarà tutto il tempo per una definizione. Intanto però dall'Albania giungono ulteriori dettagli. Il governo di Tirana ha pubblicato il testo integrale del protocollo. Sul sito del primo ministro Edi Rama si possono consultare, in lingua albanese, tutti i 14 articoli dell'intesa e i due allegati.
Il primo riguarda le aree destinate alla realizzazione delle strutture per le procedure di ingresso e per la verifica delle condizioni di riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti che non hanno diritto di ingresso e soggiorno nel territorio italiano. Si fa riferimento a una mappa con l'identificazione delle aree, che però non è illustrata. Il secondo allegato è sulla "regolazione dei rimborsi da parte italiana a parte albanese" e, fra l'altro, prevede che entro 90 giorni dall'entrata in vigore dell'intesa Roma accredita a Tirana "16,5 milioni di euro "per il primo anno di attuazione del protocollo". Nello stesso termine l'Italia deve costituire un fondo di garanzia presso una banca che opera in Albania.
Come nasce l'accordo con l'Albania?
L’accordo nasce “dalla storica, profonda amicizia e cooperazione che si articola nei rapporti commerciali (l’interscambio vale il 20% del PIL albanese), culturali e sociali, nella lotta congiunta a tutte le forme di illegalità – spiega Palazzo Chigi in una nota – Nonostante l’Albania non sia ancora formalmente parte dell’Ue, si comporta già come uno Stato Membro. L’Italia è da sempre uno dei maggiori sostenitori dell’ingresso di Tirana nell’Unione e investe molto nel rapporto con i Balcani occidentali, per cui riteniamo più corretto parlare di riunificazione dell’Europa anziché di allargamento».
I tempi: quando sarà operativo l'accordo?
Come detto, quindi, per il momento c’è la “cornice politica e giuridica”, mancano ancora alcuni dettagli fra cui i tempi di realizzazione anche se alcuni paletti sono già fissati: il progetto dovrà essere operativo dalla prossima primavera e i costi per la realizzazione dei due centri, al porto di Shengjin e nell’area di Gjader, saranno a carico dell’Italia. Si tratta, nel dettaglio, di «due strutture di ingresso e accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare, che potranno accogliere fino a tremila persone, 39 mila in un anno, per espletare celermente le procedure di trattazione delle domande di asilo o eventuale rimpatrio».
Di chi è la giurisdizione sui due centri in Albania?
La giurisdizione dei centri dislocati in territorio albanese sarà italiana. A Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening; a Gjader realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure. L’Albania collaborerà con le sue Forze di polizia per la sicurezza e sorveglianza. «L’Albania già vede un’importante presenza di Forze dell’Ordine e magistrati italiani», sottolinea Palazzo Chigi.
Poche righe per descrivere un progetto che però fa molto discutere. Soprattutto tra chi si occupa ogni giorno di salvare migranti in mare e di difenderne i diritti.
Quanti migranti saranno ospitati nei due centri?
Nei due centri previsti dal protocollo non possono essere presenti contemporaneamente più di tremila migranti. Come si legge nell'intesa, le strutture sono gestite dall'Italia secondo la pertinente normativa italiana ed europea, ed eventuali controversie con i migranti sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana Quando viene meno, "per qualsiasi causa", il titolo alla permanenza nelle strutture, l'Italia trasferisce immediatamente in migranti fuori dal territorio albanese. In caso di nascita o morte, precisa il protocollo, i migranti sono sottoposti alla legge italiana. In caso di decesso, l'Albania mette a disposizione dell'Italia l'obitorio per la salma, da trasferire entro 15 giorni dalla morte. I migranti portati in Albania non potranno uscire dalle strutture.
Per quanto tempo dovranno rimanere?
Le procedure di frontiera, che saranno interamente a carico dell'Italia, seguiranno un iter accelerato: entro 30 giorni il migrante sarà rimpatriato o portato in Italia. Nei centri per i migranti previsti dal protocollo Italia-Albania il diritto di difesa è assicurato consentendo l'accesso alle strutture di avvocati e ausiliari, organizzazioni internazionali e agenzie Ue che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale, nei limiti della legislazione italiana, europea a albanese. Secondo il protocollo, a fine procedure le autorità di Roma provvedono all'allontanamento dal centro, con spese a carico dell'Italia.
Quanto darà l'Italia all'Albania?
L'importo del progetto arriva da Tirana. Il governo albanese ha infatti pubblicato il testo integrale del protocollo Italia-Albania sulla gestione dei flussi migratori. Sul sito del primo ministro Edi Rama si possono consultare, in lingua albanese, tutti i 14 articoli dell'intesa e i due allegati. Il secondo allegato è sulla "regolazione dei rimborsi da parte italiana a parte albanese" e, fra l'altro, prevede che entro 90 giorni dall'entrata in vigore dell'intesa Roma accredita a Tirana "16,5 milioni di euro "per il primo anno di attuazione del protocollo". Il progetto ha la durata di 5 anni. Nello stesso termine l'Italia deve costituire un fondo di garanzia presso una banca che opera in Albania.
Cosa pensano dell'Accordo le Ong?
L’accordo Italia-Albania è un «attacco sferrato al diritto d’asilo». Non usano messi termini dal quartier generale di Medici senza frontiere. Il patto siglato tra Roma e Tirana «è fallimentare e aumenta le sofferenze». L’obiettivo - spiega l’associazione umanitaria di medici - non é più solo quello di scoraggiare le partenze, ma di impedire attivamente alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo, aggirando così gli obblighi di protezione e soccorso sanciti dal diritto internazionale e dalle Convenzioni europee».
Il mancato accesso al suolo italiano, la gestione extraterritoriale delle domande di asilo, l’applicazione delle procedure accelerate di frontiera e il trattenimento delle persone in un Paese terzo, rappresenta «così come è inteso oggi, un nuovo attacco sferrato al diritto di asilo», attaccano i medici. Queste iniziative non fanno altro che replicare politiche di contenimento e dissuasione che si sono dimostrate prive di efficacia nel lungo periodo, ma capaci di aumentare la sofferenza e la disperazione di migliaia di persone». Le altre reazioni.
E i giuristi?
Per il giurista Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto di asilo a Palermo e giurista esperto di diritti umani, il memorandum dà vita a «un progetto impraticabile e privo di basi legali». «Fin dal momento dello sbarco in Albania - spiega Vassallo – i migranti, già ritenuti comunque “illegali”, saranno totalmente privati della libertà personale. La procedura individuata dall’Italia, secondo Vassallo, potrebbe configurarsi come un «respingimento collettivo».
Decisamente critico anche Filippo Miraglia (Arci e Tavolo asilo e immigrazione) , che denuncia: «Le Convenzioni Internazionali e le Direttive Europee sono leggi di rango superiore e anche il governo Meloni deve rispettarle».