giovedì 9 maggio 2024
L'organizzatore degli Stati generali della natalità in corso a Roma: «Le cose da fare sono tantissime, ma sembra non si muova nulla»
Gigi De Palo

Gigi De Palo - ANSA

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Prima di accendere il microfono per questa intervista, Gigi De Palo, l’organizzatore degli Stati Generali della Natalità, si lascia andare a un lungo sfogo nel quale, come un fiume in piena, confessa la sua amarezza per l’esito di una giornata segnata dalla contestazione alla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, ma soprattutto per il messaggio che un esito di questo tipo può veicolare, il fatto cioè che non contino le idee, ma le azioni di disturbo e le censure, per conquistare la scena mediatica, peraltro in un contesto in cui i margini per le grandi visioni sembrano essersi ristretti, nella politica ma non solo. Fine della premessa.

De Palo, se un ministro non riesce a parlare, è un fatto grave, una notizia. Non crede?

Certo che è un fatto grave. Sono amareggiato, perché di questa cosa se ne parlerà per tre giorni, mentre il tema della denatalità ce lo porteremo dietro per anni, e questo non si può censurare. Io non mi rassegno, non voglio dire ai miei figli di emigrare perché in Italia a prevalere è una visione asfittica del presente. Se questo Paese non capisce quali sono le priorità non ce la può fare.

Cosa direbbe a chi ha contestato?

Che l’ideologia acceca e rende sordi. Noi in fondo diciamo le stesse cose, che la maternità deve essere una libera scelta, perché nessuno vuole convincere nessuno a fare figli, ma pensiamo sia giusto che le persone possano realizzare i loro sogni, anche in virtù di un contesto caratterizzato da un fisco equo, congedi parentali adeguati, dalla facilità per i giovani nel trovare un lavoro e che sia ben retribuito, ad avere una casa. Invece quando ho offerto il microfono a chi contestava, non sono riusciti a esprimersi. Penso alla delusione delle centinaia di giovani e di volontari che hanno compiuto un percorso verso questo evento, lavorando, preparando domande. Che cosa hanno imparato? Che per avere attenzione bisogna fare cagnara?

Perché ha deciso cinque anni fa di organizzare gli Stati Generali della Natalità?

Giovanni Paolo II disse ai giovani di non rassegnarsi, e io non mi rassegno, a differenza di molti politici, di fronte a quanto sta accadendo. La natalità sia una questione sociale, un tema che unisce e che non dovrebbe dividere. Ho sempre cercato di mettere insieme le persone e continuo a farlo, nell’idea che si debba lavorare per creare le premesse affinché il terreno per i giovani non sia più in salita, ma diventi pianeggiante.

Ha proposto un’Agenzia governativa per far ripartire le nascite. Perché?

Siamo in una fase simile a un terremoto, e nel caso di un sisma si nomina un commissario per la ricostruzione. Oggi servirebbero piani-choc, piani-Marshall, mentre a prevalere è un atteggiamento di rassegnazione, in cui le politiche dei vari ministeri hanno portata di livello regionale o comunale. Non sono critico, ma rattristato: ci sono tantissime cose da fare, dall’Assegno unico alle detrazioni fino all’Isee, sono tutti d’accordo, ma non si muove nulla.

Perché è così importante il tema della narrazione parlando di natalità?

Perché a seconda di come si parla di un argomento lo si può rendere affascinante o triste, e quando si tratta di famiglia e di figli non si deve lavorare per convincimento, ma per attrazione: questa vita, cioè, è talmente bella che non puoi lasciare che a viverla sia qualcun altro. Allora è decisivo trovare parole e immagini nuove per dirlo.

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