È vero che i tagli ricadono soprattutto sulla sanità privata?Noi siamo presenti in otto regioni italiane e i tagli sono articolati diversamente - ci risponde Giancarlo Ruscitti, amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo, ente ecclesiastico di proprietà della Provincia Religiosa Lombardo-Veneta dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani). La fondazione ha sede a Milano e gestisce cinque case di cura accreditate, una privata, sei case di riposo accreditate, due centri per la malattia mentale accreditati e due poliambulatori. Alcune di queste strutture sanitarie sono di proprietà della provincia piemontese e tutte hanno una dimensione medio-grande, quindi non sono esposte al rischio chiusura denunciato dall’Aiop per i piccoli ospedali privati -. Tuttavia, comprendiamo le difficoltà della crisi attuale e stiamo tentando di ridurre la nostra offerta in accordo con Asl e Regioni: il problema è la retroattività dei tagli e quindi la difficoltà di programmare l’offerta sulla base di una pianificazione che cambia frequentemente, e al ribasso.
L’Aiop sostiene che la sanità privata percepisce già oggi meno risorse pubbliche rispetto ai servizi che eroga...Noi saremmo certamente in grado di erogare più prestazioni di quelle che ci vengono richieste: la nostra difficoltà consiste anzi nel dover prolungare le liste d’attesa di quanti cercano risposte presso le nostre strutture.
Con i tagli in arrivo sarà anche peggio.Oggettivamente sì, siamo coscienti della difficile situazione ma avremmo bisogno di una programmazione certa per calibrare la nostra offerta in base alle esigenze dell’utenza. Invece si naviga a vista.
Quali Regioni rischiano il collasso?Vediamo tutte le Regioni in crisi. Anche quelle virtuose iniziano a denunciare problemi di programmazione per i tagli imposti dallo Stato. Per quanto ci riguarda, però, noi non abbiamo subito tagli rilevanti perché non abbiamo mai operato in un regime importante di funzione, ma sulla base di un fatturato concordato anno per anno che ha subito dei tagli consistenti ma sopportabili.
Cosa permette ad una realtà no profit come la vostra di restare sul mercato?Una programmazione attenta nei limiti delle difficoltà attuali, una rigida gestione del bilancio e degli investimenti, un confronto con i nostri dipendenti che mira alla salvaguardia del posto di lavoro, anche con dolorosi sacrifici individuali a livello salariale. L’obiettivo è mantenere l’occupazione attuale nei limiti della contrattualistica vigente nelle varie Regioni.
Monti dice che vuole ripensare la sanità: verso quale modello si muoverà?Monti ha ragione nell’identificare un problema che va risolto. Credo che il governo vada verso il riconoscimento di forme contributive aggiuntive individuali, quindi assicurative, che stanno già sorgendo nel nostro Paese. Si concentrerà la sanità pubblica sulle categorie esenti lasciando ai non esenti la scelta degli ospedali da cui ottenere i servizi: il problema sarà identificare il livello di contributo di solidarietà che i non esenti saranno chiamati a sostenere.
Cosa cambierebbe per la vostra organizzazione?Vista la natura di ente ecclesiastico non profit, stiamo tentando di identificare delle tariffe "sociali" per alcune tipologie di prestazioni, in particolare quelle ambulatoriali, che consentano anche a chi ha minori disponibilità economiche di usufruire delle nostre strutture, che sono di ottimo livello.