sabato 10 novembre 2018
«Voglio sapere se Salvini ha usato quei 49 milioni di rimborsi della Lega per costruire la macchina di mistificazione del consenso». Sul Pd: «Io colpito da fuoco amico»
Matteo Renzi (Ansa)

Matteo Renzi (Ansa)

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«Ogni giorno che passa la gente apre gli occhi e vede le promesse restare promesse. Cresce la consapevolezza e si delineano i contorni del Grande Inganno: c’era un’Italia che aveva imboccato la strada della crescita e ora c’è un’Italia che ha inchiodato, che perde posti di lavoro e credibilità...». La riflessione di Matteo Renzi parte da dove era scontato che partisse: l’atto d’accusa contro il governo Salvini-Di Maio. «Hanno promesso un reddito di cittadinanza da 65 miliardi e poi ne hanno messi 6,5. È come se io avessi promesso il bonus da ottanta euro e poi ne avessi dati otto. Il rapporto è uno a dieci. Pari pari. Hanno detto ridurremo il costo della benzina, ma a marzo costava un euro e 55 centesimi e oggi un euro e sessantasei. La benzina costa di più, non di meno. È tutto così triste, così ingiusto verso un Paese che con fatica si era rimesso in piedi. Di Maio è pure andato su un balcone per annunciare la fine della povertà...».

Per qualche istante l’ex presidente del Consiglio resta in silenzio, poi, all’improvviso apre un fronte nuovo. «C’è la realtà e c’è una spregiudicata operazione di fake news, un accavallarsi di menzogne. E la cosa più triste è che Salvini e Di Maio fanno cose indecenti nell’assoluto silenzio dei media». La tv pubblica finisce sul banco degli imputati. «A me davano del caudillo perché volevano abolire il Cnel. Lega e M5s un giorno propongono di chiudere il Parlamento e un altro di cancellare l’Europa. Ma dov’é la Rai? Perché nessuno fa le domande vere?

E poi vorrei sapere che fine hanno fatto i 49 milioni della Lega. Vorrei capire se quei soldi sono serviti per costruire la più grande macchina di mistificazione del consenso di Salvini». Siamo nell’ufficio di Matteo Renzi a Palazzo Giustiniani. Per cento minuti parliamo dell’Italia nell’era del governo giallo-verde. E di una opposizione tutta da ricostruire. «Già, mattone dopo mattone. La mia sfida è proprio questa, solo questa: ricostruire un senso di comunità. Non mi infilo nella discussione del Pd. Nel chiacchiericcio congressuale. Ho messo solo una condizione: mai accordi con Lega e con M5s. Ora guardo con pieno rispetto il percorso che farà il Pd, ma preferisco girare per le scuole, incontrare le categorie economiche e individuare i temi che uniscono. Siamo a un bivio: in Italia deve rinascere la voglia di impegnarsi in politica e a me oggi interessa accendere quel fuoco».

Sta dicendo che il Pd non basta più per costruire un’opposizione capace di tornare maggioranza?
Esattamente questo. Il Pd non basta, è un dato di fatto. Oggi la forma più efficace di opposizione viene da pezzi di mondo politico e culturale che non stanno nel Pd, che non stanno nei partiti. C’è un fermento della società civile: la marcia di Torino, le iniziative a Roma contro Virginia Raggi e l’amministrazione Cinque stelle... Le capitali del grillismo civico hanno mandato segnali fortissimi. C’è più energia in questi comitati che nei partiti tradizionali. La sinistra è in crisi nel mondo, non in Italia. I socialisti francesi sono al 5 per cento, gli olandesi al 6. In Germania sono il quarto partito. Anche in Brasile vince Bolsonaro. È la realtà: facciamoci i conti.

Insisto: davvero Renzi non proverà a condizionare la scelta del nuovo segretario del Pd?
Insisto anche io: sono totalmente fuori dalle discussioni interne al Pd e il mio ciclo alla guida del partito è chiuso. Ho vinto due volte le primarie con il settanta per cento dei voti e per due volte, il giorno dopo, sono stato bersaglio del fuoco amico. C’è una parte importante del gruppo dirigente a cui non ha dato noia il fatto che io abbia perso il referendum, ma che abbia vinto le elezioni europee. Sa cosa penso: se ci fosse stata più coesione le cose non sarebbero andate così, ma qualcuno tra i miei ha preferito fare la guerra al Matteo sbagliato.

Qualcosa tra lei e il Pd si è irrimediabilmente rotto...
Il giorno del referendum io mi sono dimesso, ma quel referendum era stato appoggiato da una intera classe dirigente del mio partito. Io mi sono assunto le responsabilità e ho pagato. Gli altri sono rimasti tutti dove erano. Ora però ho il dovere di pensare al futuro. Di capire che un pezzo di partito non ha mai digerito le vittorie. Fare finta di nulla e intestardirsi sarebbe solo inspiegabile. In bocca a lupo allora a chi viene dopo di me, io continuo a fare politica nel Pd. Ma in altre forme.

Renzi oggi è fuori dai radar.
A me non interessa stare nei radar. Mi interessano le battaglia vere, le cose utili al Paese. Sono senatore della Repubblica, sono un ex premier che ha ancora qualche buon rapporto. Non vivo con ansia il congresso e non farò nulla per condizionare la corsa alla segreteria. Questa è una fase nuova. Negli ultimi giorni ho incontrato a Parigi l’ex Cancelliere Schroeder e l’ex presidente francese Sarkozy; ho parlato lungamente con Obama... C’è un gran lavoro da fare: il mondo è pieno di giovani che hanno valori nel Dna, non li convinci alla chiusura.

Qual è il vero rapporto tra Renzi e quei pezzi di società civile che hanno cominciato a organizzarsi?
Guardo e incoraggio. Non mi interessa ragionare sul passaggio successivo, mi interessa accendere il fuoco. Mi interessa guardare il fermento che agita la società, la passione politica che la scuote. Renzi finito? L’ultima Leopolda è stata la più partecipata della storia. C’è una incredibile domanda di partecipazione. Spontanea. Contagiosa. Contro la cultura dell’odio che ci regalano Salvini e Di Maio.

Vede davvero un governo con i mesi contati?
È tutto scritto. Nei prossimi mesi la macchina del Paese rallenterà ancora e, parallelamente, scenderà la credibilità del governo. Il premier Conte e il ministro dell’Economia Tria hanno perso la faccia, la credibilità, l’autorevolezza: provo imbarazzo per loro a vederli così ostaggi dei due vicepremier. È un governo che trascina l’Italia nelle sabbie mobili. Litigano tutti i giorni. Su ogni tema. Prescrizione, cittadinanza, pensioni. C’è sempre un argomento di scontro. Una rappresaglia costante. E la campagna elettorale per le europee amplificherà le tensioni. Non mi piace fare previsioni, ma tra aprile e maggio la febbre salirà e tra le europee e la prossima legge di bilancio il governo faticherà ancora di più...

Anche lei scommette su una crisi nella seconda metà del 2019?
Io non mi faccio illusioni: troveranno un altro modo per andare avanti. La legislatura sarà lunga e questo Parlamento eleggerà il prossimo capo dello Stato.

Lei dice che il governo perde credibilità, ma l’Italia ancora ci crede...
L’elettorato oggi cambia idea con grande velocità, non darei troppo attenzione alla fotografia dell’istante. Non è più come ai tempi della Dc e del Pci dove per fotografare uno spostamento di consensi occorrevano mesi. Oggi tutto cambia in giorni. L’ho sperimentato sulla mia pelle: in dodici mesi dal 40 per cento siamo finiti sotto il 20. Guardi la Lega: è passata dal 4 al 17 per cento e oggi i sondaggi dicono che è sopra il 30. Ma attenzione in un mese può tornare al 10.

Torniamo alla Rai. Le sue accuse sono durissime.
Siamo a un livello mai visto: mai come in questa fase c’è stato un controllo così netto della politica sull’informazione. Oggi, con una votazione per noi illegittima, c’è un presidente della Rai che è uno dei principali esperti italiani di fake news. Oggi il giornalista che seguiva Grillo diventa direttore del Tg1. Oggi c’è un ex Grande Fratello portavoce del presidente del Consiglio che ha in mano l’informazione e la comanda militarmente.

Giovedì lei lo ha attaccato duramente per il video sui Down.
Farò una battaglia durissima contro Casalino. Ogni giorno per tutta la durata della legislatura chiederò a Conte che il suo portavoce lasci quel posto che occupa a Palazzo Chigi.

Crede che Conte la ascolterà?
No, Casalino è intoccabile perché è il perno degli ingranaggi del Movimento 5 stelle. È più facile che Casalino possa licenziare Conte. Ha visto l’imbarazzato silenzio della Lega? Hanno paura del "Codice Rocco", dello strapotere di Casalino che impone le sue scelte e può cancellare dalla tv chi dice no, chi non si mette in riga. È tutto così disgustoso. Anche il silenzio del ministro della Disabilità. Che fine ha fatto Lorenzo Fontana? Perché tace? Perché Grillo prende in giro le persone autistiche e lui sta zitto? Perché questa tv pubblica prende ordini da questo personaggio? Perché è scomparso il giornalismo di inchiesta? Perché si tace sulla famiglia di Di Maio e sulle sanatorie edilizie? Aspetto risposte. Non per me, ma per l’Italia che non merita questo spettacolo.

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