lunedì 30 dicembre 2024
In una ordinanza interlocutoria su un trattenimento in Albania, la suprema Corte ribadisce che la scelta spetta al governo, ma che il giudice deve verificare l’effettiva sicurezza in sede di convalida
Il centro per i rimpatri costruito in Albania dal governo italiano

Il centro per i rimpatri costruito in Albania dal governo italiano

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Quando una «ordinanza interlocutoria» della Corte di Cassazione viene letta come una medaglia a due facce: ancora una volta si parla di migranti, di Paesi sicuri, del centro per i profughi in Albania. Ieri è stato pubblicato il provvedimento dei giudici della Prima sezione della Cassazione in risposta ai ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento nell’hot spot considerato dal governo un fiore all’occhiello per risolvere la questione degli sbarchi sulle coste italiane e - al contrario - dalle opposizioni il grande flop dell’esecutivo. Di fatto, però, il braccio di ferro iniziato il 18 ottobre scorso con la sezione Immigrazione del tribunale di Roma è tutt’altro che risolto. Per la suprema Corte bisognerà attendere infatti il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea previsto per il 25 febbraio.

La maggioranza, però, punta i riflettori sulla parte dell’ordinanza che, in materia di definizione di Paese sicuro, spiega che «il giudice della convalida, garante, nell'esame del singolo caso, dell'effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto».

L’ordinanza però lascia al giudice il riscontro, «nell'ambito del suo potere istituzionale, in forme e modalità compatibili con la scansione temporale urgente e ravvicinata del procedimento de libertate, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo Paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento».

Insomma, se anche il migrante arriva da un Paese considerato sicuro dal governo, il giudice, in sede di convalida del trattenimento, può comunque ritenere che vi siano gravi motivi che nello specifico non rendano opportuno il rimpatrio.

Ma c’è un altro aspetto per nulla o quasi considerato dagli esponenti di centrodestra, su cui invece accendono le telecamere le opposizioni, ovvero la sospensione di «ogni provvedimento» in attesa che a pronunciarsi sia la Corte di Giustizia Europea. L’ordinanza, per l’appunto «interlocutoria», secondo i magistrati viene emessa «nello spirito di leale cooperazione» e contiene la «propria ipotesi di lavoro» senza «tuttavia tradurla né in decisione del ricorso né in principio di diritto suscettibile di orientare le future applicazioni». Ancora, viene spiegato, l’atto della Cassazione tiene conto della pronuncia della Corte di Giustizia della Ue del 4 ottobre scorso precisando in sostanza che un Paese non può essere ritenuto insicuro se lo è per alcune categorie di persone. Diversamente è da reputarsi insicuro se presenta aree di conflitto o violenza.

Tanto basta per Lucio Malan, capogruppo dei senatori di FdI, per esigere le «scuse» dalle opposizioni, visto che il cosiddetto “modello Albania”, «che peraltro tutta Europa vuole conoscere e utilizzare» - dice - sarebbe salvo. Piuttosto il rinvio alla Corte Ue sarebbe «un atto di rispetto verso di essa».

Ancora più ruvide le dichiarazioni di del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (sempre FdI): «La Cassazione pone una pietra tombale sulle speranze immigrazioniste della sinistra italiana». Ancora, «chi abbaia alla luna - aggiunge - o smette o diventa afono, ma non cambia il verso della storia».

Per le opposizioni, però, il verso lo cambierà la Corte di Lussemburgo. Il Pd parla di «ennesimo insopportabile giochino della destra». Azione, con Marco Lombardo, considera l’ordinanza come la dimostrazione che «il decreto sui Paesi sicuri del governo non serve a nulla». Per Riccardo Magi, leader di +Europa, «la farsa continua».

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