Lo sbarco dei migranti a Shengjin, in Albania - Ansa
Arriveranno già nelle prossime ore a Bari direttamente dall’Albania. Con un decreto di espulsione, un potenziale ricorso in tasca e la possibilità comunque di rimanere in Italia e ritentare la carta dell’asilo. È la storia (rocambolesca) di un viaggio Italia-Albania andata e ritorno in meno di una settimana che si gioca sulla pelle di persone che hanno subito torture, ingiustizie e soprusi. È il destino dei 12 migranti che dopo essere stati trasferiti con il pattugliatore Libra della Marina militare prima nell’hotspot di Shëngjin e poi nel centro di prima accoglienza di Gjadër ora ritornano in Italia. La sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha infatti convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. I dodici migranti devono tornare in Italia. «Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane é dovuto all’impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute» spiegano i magistrati, facendo riferimento alla recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 4 ottobre 2024 a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica Ceca. Per i giudici, Egitto e Bangladesh non sono Paesi sicuri.
Ma non è tutto perchè nel frattempo, in queste ultime ore e prima del pronunciamento del tribunale di Roma, le Commissioni territoriali hanno rigettato la domanda d’asilo. «Un esame della domanda fatta molto, (sottolinea molto) velocemente», commenta Daniele Valeri, giurista, esperto di diritto dell’immigrazione e socio Asgi. «La commissione ha ritenuto le domande manifestamente infondate perché relative a persone che provengono da Paesi sicuri» aggiunge. I dodici migranti partiranno già oggi dall’Albania su una nave della Marina militare per tornare in Italia approdando a Bari. Potrebbero poi essere portati in un centro per richiedenti asilo. Nonostante la loro richiesta di asilo sia già stata respinta nelle ultime ore, i migranti hanno ancora la possibilità di fare ricorso entro quattordici giorni per poter chiedere nuovamente che gli venga riconosciuto questo status.
«Non abbiamo ancora la motivazione del rigetto – spiega Ginevra Maccarone, legale di uno dei migranti, un giovane egiziano – Riteniamo assurdo aver operato una procedura così veloce per una persona che aveva già riferito al suo primo contatto con le autorità italiane di essere stato un anno e mezzo in Libia sotto ricatto di una banda armata. Come ha detto bene il tribunale, i migranti dovevano essere portati in Italia». «Non ho proprio potuto parlare con il mio assistito – aggiunge – sappiamo che sta rientrando in Italia. A nostro parere dovrebbe essere messo in libertà anche se non escludiamo che ci possa essere un tentativo di trattenerlo in un centro per richiedenti asilo, una struttura di accoflienza. Naturalmente presenteremo ricorso contro il provvedimento di rigetto della protezione internazionale». Trattandosi di una procedura straordinaria ed accelerata, stabilita dal decreto legge 145 del 2024, la risposta non dovrebbe tardare ad arrivare. Ma c’è anche il rischio di un ulteriore allungamento dei tempi, in base a quello che il governo intenderà fare, in risposta alla decisione di non trattenere i migranti in Albania. «Quello che probabilmente accadrà é che il governo impugnerà i provvedimenti davanti alla Cassazione civile, che comunque non ha tempi brevi» spiega l’avvocato Paolo Oddi, esperto in materia.
Sull’odissea dei migranti prima soccorsi in mare poi trasferiti in Albania e ora di nuovo di ritorno in Italia punta il dito Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes. «Soldi buttati a mare perché i dodici migranti torneranno tutti domani a Bari – critica mosignor Perego – Il centro torna ad essere vuoto ed era abbastanza ovvio che una procedura così accelerata, senza considerare tutti gli elementi della storia della persona, fosse impugnata da un tribunale, in questo caso quello di Roma». L’esponente della Cei guarda avanti: «Stiamo a vedere perché il vulnus più grave ora é quello del patto europeo che entra in vigore nel 2026 dove é prevista l’esternalizzazione. Avanza l’ipotesi di danno erariale. «Lo spreco di risorse – osserva il presidente di Migrantes – potrebbe portare anche ad una valutazione di questo tipo. L’abitudine comincerebbe a diventare un po’ grave in un momento in cui a tutti sono richiesti sacrifici . Poco comprensibile e’ soprattutto il fatto di non prendersi a carico questa doverosa richiesta di asilo che alla luce dell’art. 10 della Costituzione noi dobbiamo fare sul nostro territorio».