sabato 22 luglio 2017
La presidente della Commissione Antimafia: «Serve una magistratura giudicante specializzata come le procure»
Bindi: «I giudici non hanno capito, ora si cambi»
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«Troppe volte la magistratura giudicante non è stata capace di capire e di individuare il metodo mafioso. Non lo ha fatto molte volte al Nord. Ora anche a Roma. E allora io mi chiedo se non è arrivato il tempo, come abbiamo istituito procure distrettuali antimafia, di pensare anche a una magistratura giudicante dedicata ai reati di mafia». È la proposta della presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, dopo la sentenza che non ha riconosciuto l’associazione mafiosa per il gruppo di Carminati e Buzzi. «Mi assumo la responsabilità di quello che dico e non coinvolgo certo la commissione che avrà modo di esprimersi », ci tiene a precisare e esclude che la proposta sia quella di Tribunali speciali antimafia. «Il termine speciale richiama altre cose... Invece come abbiamo specializzato la magistratura inquirente bisogna capire che è arrivato il tempo anche di una specializzazione nella magistratura giudicante. Non dimentichiamo che sempre a Ro- ma la Corte d’appello qualche mese fa ha negato che quella di Ostia sia mafia. Ma come facciamo a negare?».

E invece ora c’è chi esulta per questa sentenza...

Io non esulterei perché la sentenza e la gravità delle pene dimostrano che a Roma c’è un sistema criminale corruttivo associativo molto grave che ha coinvolto pezzi della società civile, la politica in maniera trasversale, la pubblica amministrazione sfruttando una delle più grandi fragilità di questa fase storica. La città si guardi in faccia, si guardi in faccia la politica, si interroghi seriamente come riscattarsi da questa situazione.

Però il reato di mafia non è stato riconosciuto.

Come commissione c’eravamo riconosciuti nell’inchiesta della procura di Roma perché riteniamo che il 416bis sia un articolo che individua la mafia attraverso il metodo mafioso e non attraverso la geografia e la storia. Si è fatta tanta fatica in questi anni ad ammettere che quello che Sciascia chiamava 'la linea della palma', quella della mafia, si spostava progressivamente verso Nord. Non è neanche accettabile che si faccia tanta fatica a riconoscere il metodo mafioso se non è collegabile ai nomi storici e tradizionali delle mafie italiane, camorra, ’ndrangheta e cosa nostra. Eppure è stato riconosciuto, per esempio, per le mafie straniere.

È necessario ritoccare il reato di associazione mafiosa?

Il 416bis non va toccato. Basta saper individuare il metodo mafioso che francamente è difficile negare nei comportamenti dei soggetti coinvolti nell’inchiesta sul 'mondo di mezzo'. Gli ingredienti c’erano tutti e ci sono tutti. C’è la politica, c’è la violenza, l’intimidazione, la corruzione. E c’è anche quella capacità tipica di tutte le mafie di sapersi presentare da una parte coi metodi intimidatori e dall’altra con quelli capaci di creare complicità. C’è anche il controllo sociale perchè il territorio non è solo un fatto geografico, basti pensare allo sfruttamento dell’immigrazione.

Molti commentando la sentenza dicono che è il riconoscimento che la mafia a Roma non c’è.

Le mafie con la carta d’identità, cioè cosa nostra, ’ndrangheta, camorra e perfino sacra corona unita, a Roma ci sono. E da sempre con un patto di non belligeranza tra di loro. E con un collegamento con quella che io chiamo sempre mafia, cioè la banda della Magliana.

Tra i commenti politici c’è chi dice che l’inchiesta è servita per fare fuori Marino e per spianare la strada alla Raggi.

Non mischiamo le responsabilità della magistratura con quelle della politica. I magistrati devono fare il loro dovere e quando trovano i reati li devono perseguire senza guardare in faccia a nessuno, men che meno alla politica perché la legge è uguale per tutti. Non si può assolutamente strumentalizzare il lavoro della magistratura. È una vecchia storia in questo Paese ed è sempre stato un alibi per la politica per non guardarsi in faccia fino in fondo. Era doveroso che la politica prendesse atto di quello che stava succedendo e ne traesse le conseguenze. Non entro nel merito delle conseguenze perché riguardano le decisioni delle singole forze politiche. Le dimissioni di Ignazio Marino non furono legate all’inchiesta mafia capitale, nella quale era stato detto molto chiaramente che la sua amministrazione aveva cambiato il passo. Anche su questo sgombriamo il campo. Poi si può discutere se è stato giusto o no, ma non sta a me giudicare.

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