Paolo Gentiloni con Maria Elena Boschi (Foto Ansa)
La difesa di Maria Elena Boschi è scontata. «Ha chiarito le circostanze e sarà ricandidata», spiega Paolo Gentiloni misurando le parole e ufficializzando una linea già presa con un vero obiettivo: frenare gli attacchi contro la sottosegretaria di nuovo nel ciclone per il suo ruolo nel caso Banca Etruria dopo le parole del presidente della Consob. I giornalisti però insistono. Vogliono sapere se a questo punto Boschi può essere ancora un valore aggiunto per il Pd. Gentiloni, questa volta, si sbilancia meno. «Io non sono il giudice del valore aggiunto. Dico solo che Boschi sarà candidata e mi auguro che abbia grande successo». Parole chiare su Boschi.
Ma ancora più chiare su un clima che non gli piace. Su una commissione parlamentare di inchiesta sulle banche che sembra, giorno dopo giorno, trasformarsi sempre di più nell’arena dove consumare scontri politici. «Mi auguro che le prossime settimane non siano dominate da bisticci sulle banche: non mi sembra l’aspettativa maggiore dei cittadini». È un messaggio rivolto a tutti. Anche a Matteo Renzi. Un invito a pesare le parole. A misurare i toni. Soprattutto ora, alla vigilia delle audizioni più delicate fissate per la prossima settimana: quella dell’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni e quella del governatore di Bankitalia Ignazio Visco.
Siamo a Bruxelles e la conferenza stampa a fine Consiglio Europeo è per Gentiloni un’occasione per spiegare che la piega che ha preso la campagna elettorale del Pd non lo trova d’accordo. Non solo sulle banche. Anche sulle fake news Gentiloni vuole dire la sua. «In due giorni di consiglio europeo, non si è parlato di fake news», dice quasi sbalordito di fronte ai giornalisti che glielo chiedono. Poi chiarisce. «Non significa che il tema non sia serio», ma, non significa che i «nostri concittadini non siano liberi, non si siano espressi e non si esprimeranno liberamente. Non scherziamo, perché se diamo la sensazione che qualcuno, da fuori, manovri la democrazia nel nostro Paese diamo una sensazione del tutto fuori luogo». E i report del Pd sui siti filo-Putin che soffierebbero sul fuoco della propaganda italiana anti-sistema? Gentiloni si muove con cautela. Vuole smarcarsi dai toni 'sopra le righe' dei partiti. Ma anche schivare la trappola del 'Gentiloni bis' che anche Berlusconi dice di mettere nel conto. «Il mio dovere – ripete il premier – è portare avanti la missione di questo governo, che riguarda questa legislatura. Ci sono le elezioni e mi auguro che le vinca il centrosinistra».
E allora il premier approfitta della conferenza stampa a Bruxelles per stroncare l’idea di una 'lista Gentiloni', ventilata in quelle aree di centrosinistra più 'stanche' di Renzi. «Non mi sembra una cosa realistica, la mia somiglianza con Dini è scarsa», dice riferendosi alla lista creata nel ’96 dall’allora presidente del Consiglio uscente Lamberto Dini, ex ministro di Berlusconi che lo sostituì a Palazzo Chigi dopo la caduta del primo governo di Forza Italia e Lega. Più o meno come Gentiloni con Renzi. Eppure le differenze con la storia di allora sono nette. Tanto più che Dini con la sua lista si alleò con l’Ulivo di Prodi. Gentiloni lo sa ma ora vuole spiegarsi meglio. «Non voleva essere una battuta contro il presidente Dini. È per dire che io faccio parte di un partito, sono un dirigente di quel partito, prestato al lavoro che sto facendo in questo momento». E con il Pd si candiderà. «Non so ancora in che circoscrizione o collegio. Se questo è così importante per il centrosinistra potrei non deludere questa attesa». In Italia la polemica politica non cala. Il Movimento 5 Stelle continua a tenere Boschi nel mirino ma dal Pd si fa sentire il presidente Orfini: «Boschi faceva bene a preoccuparsi per il proprio territorio, perché una banca è un’impresa». © RIPRODUZIONE RISERVATA