Ansa
Ore decisive per la nomina del nuovo Garante per l’infanzia e per l’adolescenza. La presidente del Senato Casellati e il presidente della Camera Fico, a cui tocca la scelta, dovrebbero decidere in settimana. Nel frattempo si è scatenato il solito toto-nomine secondo un pessimo vezzo italiano per cui il candidato o la candidata ideale non dovrebbero prioritariamente rispondere a requisiti di accertata competenza e di reale conoscenza delle questioni di cui dovranno occuparsi, ma rientrare prima di tutto in "aree" di appartenenza e logiche di schieramento.
Eppure mai come in questo momento bambini e ragazzi, dopo mesi di confinamento in casa e, ancora a lungo, senza scuola, e altre attività comunitarie e con la prospettiva di un periodo di incertezza anche alla "ripresa" di settembre, dovrebbero poter contare su una figura di garanzia davvero autorevole, senza interessi di parte e obiettivi ideologici.
Il fatto che il posto lasciato libero da Filomena Albano sia ambitissimo, è sottolineato dalle quasi cento candidature arrivate. Si stanno sviluppando strategie, più o meno palesi, risaltano possibili conflitti di interesse e sono emerse anticipazioni-sponsorizzazioni mediatiche più o meno credibili. Mettere qui in fila nomi sarebbe inutile, oltre che poco rispettoso, anche perché – com’è noto – rendere pubblica una candidatura equivale a bruciarla. Purtroppo le indicazioni fornite dalla legge (112 del 2011) sulle caratteristiche della figura del Garante sono vaghe: «Il titolare dell’Autorità garante è scelto tra persone di notoria indipendenza, di indiscussa moralità e di specifiche e comprovate professionalità...». Potrebbe essere chiunque. Un avvocato, un insegnante ma anche un buon padre di famiglia. Ma questo non significa certo che i criteri di scelta siano equivalenti.
Per esempio, tra i magistrati che ambiscono al ruolo – numerose le candidature giunte – è sufficiente la competenza derivante dai trascorsi, per esempio, nell’ambito minorile? E forse non è neppure giusto mettere tutti sullo stesso piano i responsabili di associazioni a diverso titolo legate alla tutela dell’infanzia e della famiglia che ambiscono al ruolo. Il riferimento, dimostrato da scelte verificate e verificabili, a valori alti e ben riconoscibili, orientati con chiarezza al bene dei piccoli, dovrebbe essere considerato essenziale per apprezzare la reale capacità di valutazione, le qualità morali, la propensione all’accoglienza e all’inclusività dei canditati. Non si tratta di caratteristiche così scontate. Esistono purtroppo associazioni che, dietro un’etichetta formale che parla di sostegno e di promozione dell’infanzia, nascondono obiettivi dove si mescolano ambizioni personali, sete di guadagno, ideologie di genere. Il caso Bibbiano è solo la punta di un iceberg multiforme in cui le competenze di psicologi, terapeuti, assistenti sociali, magistrati potrebbero essere state usate per far prevalere obiettivi altri, su cui – speriamo in tempi ragionevoli – penseranno a fare piena luce i processi. È solo un esempio, ma significativo, purtroppo, delle attenzioni e della libertà che i vertici delle nostre istituzioni parlamentari debbono mantenere salde nella scelta del nuovo o della nuova Garante per l’infanzia.
Le ricerche e le banche dati sviluppate negli ultimi quattro anni da Filomena Albano sono imponenti. Eppure anche questa generosa donna magistrato, nonostante l’impegno e la buona volontà, ha dovuto fare i conti coi lacci e lacciuoli della burocrazia, con le incertezze politiche, con i conflitti di competenze tra diversi settori dello Stato che non comunicano tra loro. Ancora oggi, dopo tanti appelli caduti nel vuoto, non sappiamo quanti sono concretamente e in tempo reale i minori fuori famiglia, quante sono le strutture che li accolgono, quanti quelli che lasciano le cosiddette case-famiglia al termine del periodo indicato dal tribunale. E poi non sappiamo quanti sono i minori abusati, non sappiamo come e se si concludono le inchieste che li riguardano e con quale esito per gli imputati. Ecco perché il nuovo Garante non potrà limitarsi a "segnalare", a "raccogliere dati" e attivare il coordinamento tra diverse istituzioni, ma dovrà avere la possibilità di interventi concreti, dovrà esigere che la promozione e la tutela dell’infanzia non rimanga un obiettivo formale da raccontare in un’indagine annuale, ma si concretizzi in scelte e fatti decisivi, in interventi di indirizzo e di metodo.
Forse per questo si dovrà modificare la legge, forse sarà necessario un accordo trasversale e anche uno scatto di fantasia politica. Ma nella tutela di bambini e ragazzi non si può andare al ribasso. Va preteso il massimo. A cominciare dal profilo del nuovo Garante.