mercoledì 12 giugno 2024
La premier si prepara ai primi contatti sulla nuova squadra Ue: niente sponde a Macron, in attesa delle elezioni francesi. E per Belloni, la sherpa del vertice si ipotizza un futuro da Commissario
Una veduta di Borgo Egnazia, dove si terrà il vertice del G7

Una veduta di Borgo Egnazia, dove si terrà il vertice del G7 - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Giorgia Meloni in versione superpremier (uscita rafforzata dal voto europeo di domenica) si sdoppia nel “buen retiro” sotto gli ulivi della masseria di Borgo Egnazia, dove sta preparando il G7 che solo tre anni fa mai si sarebbe sognata di presiedere.

Da una parte le trattative sulle conclusioni con i Sette Grandi per le quali, su spinta degli Usa, si punta, assieme a nuove sanzioni, soprattutto a un accordo sui beni russi, gli “asset”, congelati a seguito della guerra e che dovrebbero assicurare a Kiev un primo sostegno da 50 miliardi di dollari. Un obiettivo vicino, secondo Joe Biden e anche il presidente francese Emmanuel Macron, con l’Ue che parla di «aspetti tecnici” da risolvere: il nodo riguarda gli strumenti e i canali da usare per raccogliere sul mercato i 50 miliardi, garantiti appunto dai beni russi.

Dall’altra parte ci sono invece i primi colloqui con i partner europei, a margine del G7, per iniziare la partita della prossima Commissione Ue. Nei piani di Giorgia Meloni potrebbe non trattarsi necessariamente di un risiko dai tempi rapidi. La sua priorità in questo momento è il successo politico del summit in Puglia: per questo all’antivigilia è rimasta concentrata anche sugli aspetti logistici, con sopralluoghi nei vari siti della Valle d’Itria, salutando maestranze e operai, e il lavoro sui testi della dichiarazione finale con la “sherpa” Elisabetta Belloni. Un nome, questo, tornato d’attualità anche in chiave Bruxelles, per il posto da commissario italiano: è una ipotesi, spiegano nello staff meloniano.

D’altronde, negli incroci con Macron e con Olaf Scholz, oltre che con la stessa Ursula von der Leyen, saranno inevitabili i riferimenti ai nuovi assetti europei. Negli ambienti di Fratelli d’Italia si scommette che nulla dovrebbe succedere comunque prima del 30 giugno, quando si terranno le elezioni politiche in Francia indette dopo il successo dei lepenisti alle Europee. La spiegazione è ovvia: Meloni, il cui ruolo più cenrale ora fra i leader è stato sottolineato da diversi media europei, vuole vedere prima se Marine Le Pen arriverà al governo, con gli equilibri che potrebbero cambiare ulteriormente, e per questo non intende dare troppe sponde a un Macron mai come ora in difficoltà. Sarà cauta, quindi, pure su una conferma immediata alla Commissione di Ursula von der Leyen, sponsorizzata invece dal forzista Antonio Tajani come esponente del Ppe. Di certo, è la riflessione che fa chi conosce le mosse della premier, per sostenere il bis della presidente uscente (scelta decisamente osteggiata dalla Lega di Matteo Salvini) Meloni punterà a ottenere un commissario “importante”, forse anche un vicepresidente.

Fra le opzioni c’è anche il ruolo di Alto rappresentante della politica estera (oggi lo spagnolo Josep Borrell), che potrebbe essere ricoperto appunto da Belloni. Una traccia si trova in un’intervista di Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei conservatori Ecr al Parlamento Ue: «Abbiamo sempre sostenuto che la Ue dovrebbe essere concentrata più sulla politica estera che su quella interna che deve essere competenza degli Stati nazionali. Dunque, un Alto rappresentante italiano sarebbe una buona scelta». Più scetticismo c’è invece sull’idea di un tecnico come l’ex ministro dell’Economia, Daniele Franco, per un portafoglio economico (Mercato interno). Sullo sfondo restano sempre le ipotesi che portano ai ministri Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti, ma Meloni non vorrebbe toccare la squadra di governo. In ogni caso, si ribadisce, il sostegno a Von der Leyen presidente per FdI non significherebbe entrare in una “maggioranza Ursula”.

Sul fronte interno, Meloni vuol attendere poi l’esito della disfida in atto nella Lega, che per ora ruota più che altro sull’eventuale espulsione del vecchio fondatore Umberto Bossi, critico su Salvini al punto di aver fatto trapelare il voto per Fi. Una difesa a spada tratta è giunta ieri da Attilio Fontana, governatore lombardo: «Su Bossi non scherziamo, è una cosa su cui non va fatto alcun accenno». Anche da questa partita passeranno gli equilibri futuri della maggioranza.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI