
Un rendering del progetto
Ormai non nevica quasi più, ma sulle montagne bergamasche continuano a piovere soldi. Un fenomeno meteo-finanziario singo-lare, dato che gli espetti prevedono un innalzamento della quota media nevosa di 500 metri nei prossimi 50 anni, con relativa crisi delle località sciistiche sotto i 2mila metri.
Tra le cime orobiche, però, gli ottimisti sembrano aver trovato un habitat favorevole. Un paio di anni fa la Rumm, piccola società con sede a Grumo Nevano (Napoli), specializzata nel rilevare stazioni sciistiche secondarie in giro per l’Italia, ha assunto la gestione degli impianti di Piazzatorre, in Val Brembana, rinnovando già che c’era anche la cucina del rifugio in quota con apprezzate specialità vesuviane. Adesso c’è chi vorrebbe investire (di nuovo) in Val di Scalve. La Rsi del banchiere Massimiliano Belingheri, dopo aver rilanciato Colere nel 2023 con impianti nuovi di zecca (costo 22 milioni: il 15% pubblici, il resto ce li ha messi la società), ora vuole unirla a Lizzola, frazione di Valbondione in alta Val Seriana, realizzando un nuovo grande comprensorio che insisterebbe tra i 1050 e i 2200 metri. Bisognerebbe però prima bucare il Pizzo di Petto, scavando un tunnel di 450 metri per piazzarci una funicolare. Previsti anche una nuova cabinovia e tre impianti a fune. Il progetto, che andrebbe a impattare sulle incontami-nate Val Conchetta e Val Sedornia, prevede un investimento di oltre 70 milioni di euro: 20 messi dall’operatore privato, il resto dalla Regione Lombardia e dal Ministero del Turismo. Ma il contributo pubblico potrebbe anche aumentare. Il comprensorio è una grande idea, secondo Belingheri. Partito anni fa da Colere per andare a fare fortuna nella City londinese, oggi è ceo (nonché azionista) di Bff Bank, istituto specializzato nel factoring di crediti verso la pubblica amministrazione. Su Bff Bank di recente si era soffermata la lente di Bankitalia, che aveva rilevato “criticità” e quindi congelato la distribuzione dei dividendi. Un intoppo che è stato comunque risolto in fretta.
Contro il sogno di Belingheri si è schierato un variegato fronte composto dal comitato “No comprensorio”, Terre Altre, OrobieVive e Ape (Associazione proletari escursionisti). «Il progetto è impresentabile perché prevede di occupare valli integre con piste, strade e strutture per aggiungere due piste di neanche 3 km - sostiene Angelo Borroni, membro di OrobieVive ed ex docente del Politecnico –. Si ignora la necessità di interventi sostenibili, essenziali e reversibili per quanto riguarda l’ambiente e il paesaggio, come richiesto dai Piani di Governo del Territorio, ed è un progetto insostenibile perché prevede il raddoppio del consumo di risorse, a causa di impianti più veloci, e con maggiore portata, e di innevamento artificiale. E fuori tempo, poiché ripropone il modello fallimentare dello sci da discesa mordi e fuggi». Per alcuni amministratori locali, il comprensorio è al contrario un’imperdibile occasione di rilancio del territorio. «Temo per il destino del mio Paese – ha spiegato a Bergamonews Walter Semperboni, sindaco di Valbondione –. La montagna deve essere vissuta come la città, non possiamo continuare a sopravvivere e basta. La viabilità fa pena: se non portiamo turisti i problemi non saranno risolti, lo spopolamento è sempre più attuale».
Pro comprensorio anche l’europarlamentare Lara Magoni (Fdi), ex sciatrice azzurra ed ex assessore allo Sport della Regione Lombardia: « Il dibattito pubblico da mesi è monopolizzato dal progetto di collegamento Val di Scalve-Valbondione portandolo in un percorso di comunicazione sbagliata e forzata sulla Val di Scalve. Sembra che pochi abbiano compreso che il 75% degli interventi saranno sul versante di Lizzola dove andrebbero di fatto investite le risorse per sostituire gli impianti. Nel 2025 è assurdo pensare di sviluppare nuove stazioni e proprio per questo è giusto pensare a rigenerare quelle presenti e come in questo caso unire due comprensori, che permetterebbero un salto di qualità a livello nazionale. La sostenibilità ambientale deve andare a pari passo con quella economica». Di parere diverso il Cai Bergamo, che preferirebbe seguire altri sentieri per valorizzare le montagne orobiche, già sfregiate da «strutture turistiche e sciistiche costruite nella seconda metà del Novecento, di cui oggi rimangono soltanto desolati scheletri di impianti e seconde case in stato di forte degrado e abbandono, in un territorio comunque segnato e compromesso da quelle iniziative». In questo quadro andrebbe a inserirsi un progetto «allineato ad una visione miope e superata di “progresso e sviluppo”, non più sostenibile dal punto di vista ambientale». Al contrario il Cai, che si dice comunque aperto al dialogo, crede in «una visione di montagna che, anche attraverso un turismo estivo e invernale svolto in forme rispettose dell’ambiente e dei diritti delle future generazioni, rappresenti per chi la vive quotidianamente un'opportunità economica e occupazionale ». Il dibattito è aperto.