giovedì 23 febbraio 2017
L'ex candidato sindaco di Milano attacca Renzi e sfida Grillo: i suoi elettori votino per noi. Poi apre alle primarie: «pronto a correre, ma sia una sfida tra chi condivide un programma di governo»
Stefano Parisi (Fotogramma)

Stefano Parisi (Fotogramma)

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Stefano Parisi ripete una parola quasi sillabandola: rinnovamento. «La gente è stanca. Delusa. Sfiduciata. Vuole soluzioni serie e invece vede programmi costruiti senza una profondità, senza confronto. Vuole politici appassionati, preparati, perbene e invece continua a subire candidati calati dall’alto e scollegati dalle loro realtà. Ecco allora la nostra scommessa: rinnovare, rigenerare, ricostruire. È rimettere in moto un processo democratico all’interno dei movimenti politici». L’ex candidato sindaco di Milano sono mesi che lavora a Energie per l’Italia. Giorni e giorni di incontri. Di elaborazione di idee. Di lavoro sui contenuti. Parisi sorride leggero: «Non mi sono messo nella mischia dei talk show, abbiamo speso settimane a organizzare un soggetto radicato. Non ho fatto sondaggi abbiamo solo pensato a costruire una rete. E su una cosa voglio essere chiarissimo: la sfida non è una piccola operazione per prendere il 3 per cento e provare a condizionare un futuro governo. La sfida è costruire una politica nuova. E per farlo serve ascolto, ascolto, ascolto. Stiamo lavorando con i corpi intermedi, con le realtà locali, con le associazioni, con i sindacati, con gli imprenditori. Saremo alle elezioni e vedrete il risultato.

Energie per l’Italia è un partito?

I partiti non ci sono più. Sono forme vecchie, passate, roba del secolo scorso. Il futuro sono i movimenti e la sfida di oggi è lasciare le persone a fare politica dove sono. Nei loro mondi. Nelle loro realtà. Voglio un movimento aperto. Senza gerarchie, senza tessere, una grande casa aperta dove tutti potranno aderire per partecipare e per costruire.

Anche lei pensa che la politica si rigeneri con iniezioni di democrazia diretta?

La delega è fondamentale, decisiva. Ma servono leadership in grado di guidare; non politici ostaggi dei sondaggi. Quando si vota? Non prima di ottobre.

E perché non a fine legislatura? Vorrei che fosse così, vorrei poter dire elezioni nel febbraio 2018, ma il governo Gentiloni farà una fatica terribile a durare. Dovrà fare i conti con le contraddizioni del Pd. Con una scissione che è un nuovo colpo alla credibilità della politica. Sarà una navigazione complicatissima. E complicatissima sarà la prossima legge di bilancio: il presidente del Consiglio dovrà riparare i danni fatti dal governo Renzi e non sarà affatto facile.

Dia un consiglio a Gentiloni.

Anticipi la legge di bilancio a giugno e, con l’occhio al prossimo voto politico, sgombri il campo da una fonte di tensione.

Parlava di danni fatti da Renzi...

Stiamo pagando prezzi enormi. Renzi ha fatto un’ultima Finanziaria spericolata solo per provare a vincere il referendum. Ha usato 26 miliardi di flessibilità concessi dall’Europa solo per conquistare consenso sociale. E così oggi facciamo i conti con gli effetti della politica dei bonus.

Si voterà con il proporzionale?

Mi auguro che sia così. Un ritorno al proporzionale sarebbe un bene per l’Italia. Servono forze politiche dalla forte identità e un Parlamento dove ci sia una maggioranza figlia delle indicazioni della maggioranza degli italiani. Ma c’è un punto decisivo che va messo nero su bianco...

A cosa pensa?

Bisogna introdurre la sfiducia costruttiva. Non si può sfiduciare un governo se non c’è un’alternativa già pronta. O meglio: se si scioglie un governo e non c’è un’alternativa pronta si va a votare. Proprio come in Germania. Lì c’è una legge elettorale che funziona dal dopoguerra. Prendiamo esempio. Serve stabilità e serve una legge elettorale capace di garantirla soprattutto ora che il nostro Paese continua a essere scosso da una drammatica emergenza finanziaria e sociale.

Faccia una previsione: ci sarà un’intesa per una nuova legge elettorale?

Non azzardo previsioni.Vedo una politica disorientata.Vedo capi politici che ragionano guardando solo al breve periodo e ai piccoli interessi. Questo mi fa pensare che alla fine si riuscirà a fare piccoli ritocchi all’impianto che ci ha 'regalato' la Consulta garantendo di fatto un modello proporzionale.

Garantire all’Italia un governo non sarà facile.Voi con chi immaginate accordi?

Pongo tre condizioni: punti fermi, non negoziabili. Uno: l’euro è un traguardo che non si discute e il centrodestra deve capire, deve fare chiarezza, deve eliminare ogni ambiguità. Se si esce dall’euro si provoca una tragedia economica. Due: serve una cura fortissima per far ripartire l’economia. Con un deciso e progressivo taglio delle tasse, con una guerra senza confini alla burocrazia e con un convinto e vigoroso taglio della spesa pubblica, Apro una parentesi: io il prossimo 8 marzo sono con Carlo Cottarelli per presentare il suo ultimo libro. Renzi ha fatto un imperdonabile errore a buttare a mare il suo lavoro e a non dare seguito alla spending review.

C’è la terza condizione

È l’immigrazione. Va gestita senza l’ipocrisia della sinistra e senza la propaganda di Salvini. Della sinistra non mi piace che si dica che l’unico tema è l’accoglienza. Non è così. Accanto al tema accoglienza cammina il tema sicurezza. Di Salvini fatico a capire le sortite propagandistiche come l’ultima sulla necessità di fare pulizia di massa. Per governare il fenomeno immigrazione serve generosità, ma anche serietà e rigore.

Nel centrodestra si parla di primarie.

Farebbero un gran bene al centrodestra, sarebbero un vero bagno di democrazia. Ma vanno normate per legge o regolamentate in modo serio. Non possono certo essere qualche migliaio di gazebo.

Lei parteciperebbe?

Di corsa. Ma le tre condizioni per un accordo di governo valgono ancora di più per partecipare alle primarie che hanno senso solo se chi partecipa condivide un programma per il Paese.

La linea sull’euro di Salvini cancella ogni possibilità di intesa futura

Bossi parlava di secessione ma poi Berlusconi governava e il tema poteva essere il federalismo. I rapporti di forza erano chiari, l’agenda di governo anche. Oggi Fi però sbanda, arretra, rinuncia ai suoi connotati liberali. Ho nella testa l’immagine dei consiglieri di Fi a Milano con le banane in mano per protestare contro le palme. Cosa c’entra quella protesta con Fi e con la sua storia? Ma ora anche per loro è arrivato il momento delle scelte: Fi è una forza di governo, non può essere ostaggio della Lega.

Grillo è un pericolo per l’Italia

Pericolo è una parola che non mi piace. Il voto a Grillo è la punizione ai partiti e gli attuali elettori di Grillo possono essere i futuri elettori di Energie per l’Italia: votino noi perché l’Italia ha un disperato bisogno di voti di fiducia sul futuro, non di voti di disperazione e di rabbia.

Berlusconi può riprendere in mano il timone?

Gli direi di guardare avanti. Ho due figlie, hanno 29 e 27 anni. Hanno conosciuto la politica del nuovo millennio e non gli è piaciuta. Non per Berlusconi. I partiti hanno deluso, stancato, dal 92 c’è stato un graduale degrado a cui non possiamo rassegnarci. E allora serve una politica alta. Serve che in Parlamento vadano persone di alta qualità. Con storie. Con passione. Con un vero radicamento nella società. Solo così salveremo la politica, solo così daremo una risposta a un Paese che vuole ricominciare a correre.

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