venerdì 24 giugno 2016
Richetti: «Fisco, casa e piccole imprese»
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Matteo Richetti, 'renziano critico', un libro in edicola sulla passione politica dal titolo esotico (Harambee!): cosa sta succedendo al Pd?Sento tante analisi autoreferenziali e in politichese. Invece dico che c’è qualcosa di molto più grande da capire: un pezzo del Paese non è stato raggiunto dall’azione dell’esecutivo. Abbiamo scoperto che la società è molto più larga di quanto pensassimo. Ma potevamo capirlo prima, molto prima.

Chi è stato escluso dall’azione di Renzi? Non parlo di categorie. Parlo di famiglie concrete, persone, lavoratori, giovani, pensionati. Parlo delle piccole- medie imprese che i nostri amministratori locali conoscono bene. Ma che sono anche il pane quotidiano delle parrocchie, del volontariato, del mondo, cattolico e non, che è immerso nella realtà.

Il Paese reale non 'sente' le riforme? Dico che è semplicemente sbagliato considerare chiuso il percorso delle riforme con il referendum costituzionale.Voglio farmi capire: il Jobs act ha portato benefici, ma non ha aiutato anche le piccole aziende a conduzione familiare, gli artigiani. Va completato. Così come non basta cancellare la parola 'province' dalla Costituzione se non procedi a un riordino vero degli enti locali a vantaggio dei cittadini. E poi penso a un pianocasa 'di sinistra' per dare corpo ai sogni dei giovani. Nemmeno parlo del fisco, di un fisco che faccia respirare un ceto medio che si sente più povero e matura rancore e insoddisfazione. Tutto ciò ha alimentato l’idea che siamo il partito dell’establishment.

Si può correggere la rotta? Si deve, altrimenti rischiamo di causare un enorme disastro al Paese. Matteo deve alzare la mano e dire «ho sbagliato a sovradimensionare il referendum costituzionale, a mettere il referendum davanti alla stabilità e integrità delle istituzioni, ad anticipare il dibattito referendario rispetto alle amministrative ». Sa cos’ha detto Virginia Raggi quando ha vinto? «Roma deve cambiare verso». Sì, ha usato le parole di Renzi. Noi abbiamo portato il tema del cambiamento nel Paese e poi ce lo siamo fatti sfilare. Un esempio plastico? Le banche. Ha ragione il premier a dire che le truffe ai risparmiatori non le ha causate lui, ed è vero, ma questo non ci autorizza a restare indifferenti al grido di dolore di chi ha perso soldi.

Colpa anche di un mancato rinnovamento della classe dirigente? Non sono un estremista della rottamazione. Però è palese che non puoi rifondare un partito basandoti sul funzionariato.

La sua impostazione è diversa da quella della minoranza... Qui si sono perse le proporzioni. Dopo amministrative pesantissime la soluzione è separare il ruolo di premier da quello di segretario e modificare una legge elettorale nemmeno mai testata? Il Pd recuperi il senso di sé, del proprio essere comunità. Spersonalizziamo questo benedetto referendum e torniamo a tessere rapporti con pezzi del Paese che si sono sentiti abbandonati.

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