Al bando gli atteggiamenti tipici di chi «rivendica» qualcosa dalla politica. Al bando pure la tentazione di trasformare la prossima Conferenza sulla famiglia (Roma, 28-29 settembre) «in un ring dove dare e prendere pugni». Piuttosto, ora che il governo ha confermato l’appuntamento, serve una piattaforma «seria e responsabile», un «percorso» che «in una prima fase dia ossigeno ai nuclei numerosi» e «nel giro di cinque anni introduca il fattore-famiglia nel sistema fiscale italiano». C’è consapevolezza nelle parole di Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari. Consapevolezza che questo non è il tempo di sogni e proclami senza sbocchi. Consapevolezza che l’enorme ritardo del Paese sulle politiche familiari deve vedersela con il problema generale dei conti pubblici. Consapevolezza, allo stesso tempo, che un ennesimo rinvio alle calende greche di misure urgenti e necessarie potrebbe rappresentare un nuovo colpo di gelo sul già rigidissimo inverno demografico.
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se il mondo cattolico vede la Conferenza di Roma strettamente legata al varo della prossima legge di bilancio. Senza dimenticare che i tavoli di lavoro sono sei e oltre al fisco ci sono anche temi cruciali come quello educativo. «Ben venga che i partiti e i leader mettano la famiglia nei programmi per la campagna elettorale della prossima primavera, ma a noi interessa di più cosa Gentiloni e Padoan riescono a mettere nella manovra 2018», prosegue De Palo.
La novità più grossa è che l’arcipelago di associazioni e movimenti d’ispirazione cristiana ha re-imparato a far di conto e si presenta alla Conferenza con numeri e proposte che mettono il governo di fronte alla responsabilità di decidere: 16 miliardi, il costo del fattore-famiglia a regime; 4 miliardi, se lo si introduce in una prima fase per le famiglie numerose; 2 miliardi, se si raddoppia il fondo anti-povertà per il Reddito d’inclusione; un miliardo appena, se si decidesse anche solo di raddoppiare gli assegni familiari ai nuclei che hanno dai 4 figli in su. Un panel di possibilità articolate in simulazioni economiche che potrebbero facilmente integrarsi con proposte di legge depositate da tempo alle Camere.
«Dato il contesto, partiamo dalle situazioni di maggiore vulnerabilità», conferma Roberto Rossini, presidente delle Acli. E il riferimento è ai nuclei «con più di tre figli» che sono «a fortissimo rischio-povertà». La via veloce che Rossini vede è «rafforzare economicamente» il reddito d’inclusione, lo strumento messo a punto dall’Alleanza contro la povertà e adottato dal governo con una legge delega. Per rafforzamento, le Acli intendono almeno un raddoppio delle risorse, dagli 1,7 miliardi ora disponibili a 3,4. Rossini si aspetta inoltre che la Conferenza segni un rilancio dello ius culturae, «perché è una legge che riguarda le tutele e i diritti dei bambini». «E poi – conclude il presidente delle Acli – c’è il grande tema dell’omogeneità dei welfare locali, ovvero fare in modo che le risorse e i livelli di assistenza per le famiglie in difficoltà siano simili da Nord a Sud».
La sensazione generale è che siamo di fronte a un bivio, quando si parla di famiglia. Perciò, riprende Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana, «occorre che la Conferenza non diventi una passerella, ma che porti ad assumere impegni concreti». Anche per l’Ac, lo sguardo è rivolto alla manovra 2018. «È importante il disegno generale – prosegue Truffelli –, ma è anche importante che si veda subito un’inversione di tendenza, perché le famiglie hanno innanzitutto bisogno di fiducia, hanno bisogno di capire che l’intero sistema-Paese è dalla loro parte dopo che hanno retto sulle loro spalle quasi l’intero peso della crisi».
A prepararsi alla Conferenza, quindi, non ci sono solo le associazioni cattoliche "specializzate" in questioni fiscali, ma anche quelle che stanno nelle parrocchie, fanno pastorale e curano percorsi spirituali. «In tanti modi occorre oggi aiutare la famiglia a "vincere" i mali che la assediano – è la premessa di Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello spirito –. Il Paese reale è molto più piagato e sfiduciato di quanto si racconti. Chi salva la famiglia, salva una Nazione. Se la politica terrà per mano la famiglia, la famiglia rialzerà lo Stato». Una famiglia, prosegue Martinez, «protagonista di soggettività economica e relazionale», intorno alla quale «sperimentare nuove forme di welfare fondate sul principio di "sussidiarietà comunitaria e circolare", come attestano alcuni Paesi europei e americani che ne hanno compreso il vantaggio politico ed economico».
Allo stesso modo, è pronto a dare un contributo chi cura il disagio sociale. «Tre anni fa – ricorda Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –, abbiamo lanciato una proposta forte: dare uno stipendio alle mamme fino al terzo anno di vita del bambino, consapevoli che mettere al mondo ed educare i figli è un lavoro di grande valore ed utilità sociale. Ci sono studi che quantificano questo lavoro in 3mila euro al mese, noi crediamo che 800 euro sarebbero sufficienti per ridare impulso alle nascite e anche all’economia». Per la comunità fondata da don Benzi un pilastro essenziale è una vera politica preventiva degli aborti con «il sostegno alle mamme e famiglie in difficoltà e anche il parto in anonimato, con possibilità che il bambino venga dato in adozione».
È un’unione forte, quindi, tra realtà che nella Chiesa hanno scopi e fini diversi. «La Conferenza – riprende il filo del discorso don Edoardo Algeri, presidente dellaConfederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana – riaccende una speranza per numerose famiglie che da tempo svolgono silenziosamente la funzione di ammortizzatore sociale, la gamba nascosta che fa camminare l’Italia». Le priorità sono «equità fiscale», «forme flessibili e differenziate di conciliazione tra cure familiari e lavoro», «servizi di sostegno al compito educativo dei genitori». Con un’attenzione, però, «a separare le politiche di contrasto alla povertà dalle politiche familiari vere e proprie», al fine di dare alla famiglia una dignità che non sia solo economica.
Alla Conferenza ci sarà poi chi arriverà con i faldoni delle simulazioni di costi e ritorni delle misure pro-famiglia. Giuseppe e Raffaella Butturini, presidenti nazionali delle Famiglie numerose, hanno coniato uno slogan: «Poca spesa e tanta resa». L’associazione si rivolge direttamente al premier Paolo Gentiloni: «Bene la Conferenza, ma noi ricordiamo che fine hanno fatto le promesse di 7 anni fa a Milano e quelle contenute nel "Piano nazionale della famiglia" del 2012. Ci brucia la delusione per i ddl giacenti alle Camere, come quello a noi caro di Mario Sberna». E quindi, a fronte del «non ci sono risorse sottolineato dal ministro Padoan», lo sbocco concreto deve essere la manovra. «Non basta essere ragionieri, bisogna essere anche tesorieri, capaci di vedere il tesoro di una società».
Le famiglie numerose hanno una proposta concreta: «Se ora non si potesse iniziare dai nuclei con tre figli, iniziamo con quelli dai quattro figli in su. Sono 128.436, raddoppiare gli assegni familiari costerebbe appena 700 milioni». In qualche modo, questo potrebbe essere considerato l’intervento minimo.
Mentre il progetto di medio termine potrebbe essere o il fattore-famiglia o il ddl-Lepri «revisionato». L’intervento sistemico per eccellenza, perché agisce sull’Irpef, è appunto il fattore-famiglia, un’estensione della no-tax area in base ai carichi presenti nei nuclei che premia tutti e mette automaticamente al riparo dal rischio di povertà le famiglie numerose. Chi l’ha ideato, Roberto Bolzonaro, è il presidente nazionale dell’Associazione delle famiglie (Afi): «Il tasso di natalità è il più basso al mondo, il tasso di povertà ha raggiunto livelli inaccettabili e la politica dorme come un tasso – è la sua provocazione –. La laicissima Francia ha il quoziente familiare, il modello per l’Italia c’è ed è il fattore-famiglia. Ha valenza universale, altro che bonus e "premio riproduzione". Basta con il bla bla bla, si inizi subito con la manovra».
Anche con un primo stanziamento, in un’ottica progressiva. Si può fare. «Se il governo e Gentiloni hanno a cuore il bene e il futuro di questo Paese – chiude l’ampio cerchio Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori – non c’è dubbio che è la famiglia la vera chiave di volta. Troppi decenni di colpevoli silenzi, ora bisogna recuperare in fretta il terreno perso. Basta proclami e interventi-spot». E il test per verificare la serietà di esecutivo e Parlamento è, manco a dirlo, «la legge di stabilità». È alla manovra che il mondo cattolico si sta preparando, non alle elezioni.