martedì 14 gennaio 2025
All’istituto universitario salesiano di Venezia è in corso la mostra “Migro” dell’artista Daniele Pinni: sulle opere è stata applicata una coperta isotermica come quelle distribuite per gli sbarchi
“Migro” è il titolo della mostra realizzata dal maestro Daniele Pinni all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Iusve), nella sede di Mestre

“Migro” è il titolo della mostra realizzata dal maestro Daniele Pinni all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Iusve), nella sede di Mestre - .

Dieci tavole per raccontare una delle tragedie più gravi del nostro tempo: i naufragi in mare che costano la vita a tanti, troppi migranti: 30mila persone morte, negli ultimi dieci anni nel Mediterraneo, secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (Acnur).

“Migro” è il titolo della mostra realizzata dal maestro Daniele Pinni all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Iusve), nella sede di Mestre, con una particolare caratteristica: sulle opere è stata applicata una coperta isotermica, come quelle che vengono distribuite agli sbarchi nel primo soccorso, trattata con polveri di colore mescolate a vernice alchidiche. Ogni tavola rappresenta il mare aperto, lontano dalla costa, più o meno in burrasca, ma non ci sono mai persone perché, spiega l’autore, «la persona è presente attraverso il dramma doloroso della sua mancanza. È la coperta isotermica a dare il senso della tensione».

Anche perché su di essa si riflette la figura dello spettatore che vi si pone davanti, così da chiamare in causa la coscienza individuale e la responsabilità collettiva. Curatori del progetto sono stati Lorenzo Biagi e Michele Marchetto nell’ambito di un percorso di approfondimento della rivista scientifica dell’istituto. Il punto di partenza è stato il racconto di un giovane operatore di un Centro di accoglienza straordinaria nel trevigiano, Luca Cremasco, che ha raccolto la testimonianza di 21 migranti concentrando l’attenzione sul tempo del viaggio, quelle traversate nella speranza di una nuova vita che, troppo spesso, diventano morte.

«Le opere – scrive Biagi nel catalogo – si propongono come tante stazioni di una Via Crucis che sembra non avere fine; mostrano l’intenzione di raccontare queste vite perse, paradossalmente senza metterle in scena, ma sostando e sbattendoci addosso la furia di un mare, di una tempesta, di un vento e con dei colori che non lasciano scampo di salvezza».

Il blu dell’acqua e l’oro delle coperte, sono le tonalità dominanti. Le tavole sembrano quasi fissare l’attimo della sparizione delle imbarcazioni che si inabissano tra i marosi. Tragedie che riempiono i fatti di croncaca e sembrano non avere fine. Fino alle due opere alternative finale: la morte o la salvezza. “Migro” ha voluto accendere i fari sui naufragi dei migranti per invitare gli studenti alla riflessione, ma anche per dire che nessuno, e neanche chi vive più lontano dal Mediterraneo centrale, può chiamarsi fuori.

«Le dieci stazioni – sottolinea Biagi – sono una denuncia di quella sparizione dell’umano che abbiamo messo in atto oramai da tempo e in vari modi. Sono un’umile, ma tenace invocazione a coltivare umanità. Dobbiamo riconoscere che finiscono per risucchiare anche noi, semplici spettatori». L’obbligo morale è quello di salvare e di costruire una società più inclusiva «perché sappiamo che quelle forze non guardano in faccia nessuno e, per contro, che possiamo fare qualcosa perché non abbiano l’ultima parola, ma l’ultima parola sia una sola e anch’essa non deve guardare in faccia nessuno: accoglienza».

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