martedì 17 settembre 2024
Dal 1° gennaio 72 detenuti si sono tolti la vita. Un esubero di quasi 15mila persone. A Milano venerdì manifestazione per ricordare Yussef, morto bruciato a San Vittore
Un corridoio del carcere di Regina Coeli di Roma, dove stamattina si è suicidato un recluso italiano di 50 anni

Un corridoio del carcere di Regina Coeli di Roma, dove stamattina si è suicidato un recluso italiano di 50 anni - Ansa

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Celle sempre più sovraffollate, tensione alle stelle dietro le sbarre e la strage dei detenuti suicidi che non si ferma più. Tra ieri e stamattina ce ne sono stati altri due, ad Ariano Irpino e Regina Coeli, portando il conto complessivo dei morti dalla fine dell’anno a 72. Aumentano pure le aggressioni, gli atti di autolesionismo, le risse e le manifestazioni di protesta collettiva. L’emergenza carceri rimane dunque gravissima in Italia e attende ancora una soluzione decisiva.

Ad accendere i riflettori sul dramma delle prigioni italiane è anche l’ultimo report del Garante nazionale delle persone private della libertà, anche se sul numero dei suicidi ci sono versioni discordanti e, purtroppo, con cifre ben più allarmanti di quelle “ufficiali”. Alla data del 16 settembre i detenuti presenti nei 192 istituti di pena italiani erano 61.840, con un indice di affollamento pari al 131,77% (nel giugno del 2023 era il 120,08%). Per capire quanto pesi il “fenomeno” delle presenze in eccesso nelle strutture, basta confrontare il numero degli attuali ospiti con la capienza effettiva del sistema penitenziario: sono 46.929 i posti disponibili (ovvero quelli previsti dal regolamento al netto dei letti che al momento non si possono utilizzare per lavori in corso o altre necessità): l’esubero, quindi, è di 14.911 persone, che rendono le celle ancora più zeppe e invivibili. Le cifre sono state fornite dal Garante nazionale delle persone private della libertà, autorità ancora senza il presidente (che il governo deve nominare), dopo la prematura scomparsa di Maurizio D’Ettorre, avvenuta il 22 agosto scorso. Secondo il report, i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno fino a ieri 16 settembre risultano 67 (di cui due avvenuti all’esterno degli istituti), ovvero 19 in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Ma i numeri non collimano con quelli forniti dai sindacati della polizia penitenziaria e dell’autorevole rivista Ristretti Orizzonti, curata dai detenuti della Casa circondariale di Padova e da esperti del settore che invece ne ha contati 70. Ma ieri pomeriggio un nigeriano di 32 anni arrestato per reati connessi all’immigrazione clandestina è stato trovato impiccato nella sua cella ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino e oggi all’alba un altro ristretto, un italiano di 50 anni, ha deciso di farla finita nel carcere romano di Regina Coeli nello stesso modo, con un lenzuolo legato alle sbarre e stretto attorno al collo: era stato arrestato il 25 agosto per maltrattamenti in famiglia e sottoposto alla custodia cautelare, i poliziotti nel giro di controllo delle 6.45 lo hanno trovato riverso sul pavimento e nulla hanno potuto fare per salvarlo. I suicidi sarebbero dunque in tutto 72, a tutt'oggi, considerando alcuni casi dubbi e un giovane che si è ucciso nel Cpr di Roma.

Altro dato preoccupante: la fascia d’età dei suicidi, che per la maggior parte hanno tra i 26 e i 39 anni. Tra i 67 morti per mano propria rilevati dal garante, inoltre, solo 29 erano stati giudicati in via definitiva, gli altri si trovavano in attesa del processo o erano ricorrenti o appellanti, uno invece era un internato provvisorio. Le carceri dove in questi nove mesi si sono verificati più suicidi sono quelle di Napoli Poggioreale, Pavia, Prato, Parma, Verona, Teramo, con tre morti ognuna. L’85% dei “gesti estremi” (perlopiù tramite impiccagione ma anche per inalazione di gas dal fornelletto della cucina) è avvenuto nelle sezioni di custodia chiusa (isolamento), il 27% dei ristretti che si sono uccisi risulta senza fissa dimora, il 46% era disoccupato.

La tensione “dentro”, dunque, è sempre altissima: le aggressioni ad agenti di polizia penitenziaria, al personale degli istituti o ad altri detenuti sono state finora 4.172 (309 in più rispetto all’anno passato), gli atti di autolesionismo sono schizzati a 9.430 dai precedenti 8.936 (con un incremento di 494 casi). E non sono mancati i tentativi di suicidio: 1.529 le morti scongiurate per il tempestivo intervento degli addetti alla sicurezza o di compagni di cella. Infine, va rilevato l’elevato numero dei decessi per cause ancora da accertare che risultano 17 (erano state 19 in tutto il 2023 e nel 2022).

L’ultima morte che ha scosso l’ambiente carcerario e interrogato l’opinione pubblica sull’emergenza carceri, è quella del 18enne di origine egiziana Youssef Barsom, trovato carbonizzato nella sua cella a Milano San Vittore il 6 settembre scorso. Probabilmente non si è trattato di un suicidio ma di una protesta finita in tragedia: il giovane avrebbe dato fuoco alle coperte della branda. E per commemorare Youssef è stata indetta per venerdì prossimo dalle 18.30 al Cam Garibaldi di fronte alla fermata Lanza della metropolitana, una manifestazione con le associazioni, la società civile, i cittadini. Tra i promotori, la Cgil di Milano, l’associazione Antigone, Cnca, liberi professionisti, l'ex magistrato Gherardo Colombo e don Roberto Mozzi, già cappellano di San Vittore.

E nel “bollettino di guerra” delle carceri italiane, non vanno dimenticati i 7 agenti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno: anche loro sono, in qualche modo, vittime di un sistema che non funziona, costretti a turni massacranti e a sopportare una continua alta tensione dovuta proprio al disagio di chi sta dietro le sbarre. “Una strage senza fine e senza precedenti che certifica, ancora una volta, il fallimento più totale del sistema carcerario - commenta Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria - Il silenzio sostanziale del ministro della Giustizia, Carlo Nordio e della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sulla crisi sempre più profonda delle carceri non solo preoccupa, ma è da irresponsabili, servono interventi urgenti e tangibili per deflazionare la densità detentiva – conclude De Fazio - potenziare il Corpo di polizia penitenziaria e assicurare l’assistenza sanitaria e psichiatrica, vanno avviate riforme complessive per reingegnerizzare le prigioni e riorganizzare la polizia penitenziaria: siamo a131, un passo dal baratro".

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