Sono 149 le crisi aziendali ancora aperte: dall’ex Ilva ad Alitalia, passando per l’ex Auchan e Whirpool. In tutto rischiano il posto 200mila lavoratori, a cui vanno aggiunti altri 70mila interessati dalle ristrutturazioni. Situazioni delicate che il Mise, il ministero dello Sviluppo economico, dovrà risolvere nel migliore dei modi nei prossimi mesi. «La maggior parte dei tavoli sono attivi da parecchi anni – spiega il ministro Stefano Patuanelli –. In taluni casi anche più di sette anni. Sono situazioni che necessitano di un tavolo permanente perché, a causa delle criticità del settore, richiedono interventi di carattere strutturale. Nello specifico dico soltanto che, di questi 149 tavoli di crisi, 102 (68,5%) sono attivi da più di tre anni e 28 sono aperti da più di sette anni».
La crisi non conosce confini geografici o settore, le vertenze infatti sono spalmate da Nord a Sud e riguardano aziende di ogni genere, dai trasporti al commercio, passando per l’industria. Su base regionale, il maggior numero di tavoli riguarda aziende con sedi o unità produttive prevalentemente ubicate in Lombardia (corrispondenti al 13,42% del totale), a seguire in Abruzzo (ossia il 7,38% del totale), Campania, Piemonte, Lazio e Toscana.
I casi più "grandi" sono quelli dell’ex Ilva e di Alitalia. Nel primo caso Arcelor Mittal vorrebbe 4.700 esuberi. La multinazionale franco-indiana ha convocato le organizzazioni sindacali per discutere la proroga della cassa integrazione per 1.273. Ma Fim, Fiom e Uilm hanno respinto la richiesta. «Riteniamo fondamentale la sospensione della cassa integrazione », spiegano le tre sigle in una nota, chiedendo «un piano industriale degno di questo nome» e un intervento sul Milleproroghe per avere un’integrazione salariale differente dai massimali di cassa integrazione previsti attualmente. Per il rilancio dell’impianto siderurgico di Taranto, lo Stato «ci metterà la faccia », cercando di conciliare l’esigenza di salvare posti di lavoro e di inquinare meno.
Per la compagnia aerea il discorso è differente: la luce in fondo al tunnel sembra ancora lontana, con 10.800 lavoratori coinvolti.
Un’altra "patata bollente" è il passaggio dei punti vendita ex Auchan e Sma al consorzio Conad, un’operazione che coinvolge centinaia di negozi e migliaia di lavoratori, con diverse problematiche relative sia alle dimensioni dei supermercati che ai reparti di amministrazione e logistica. Nell’ultimo incontro con le sigle sindacali si è parlato di circa 3mila esuberi, a cui vanno aggiunti altri 3mila relativi agli appalti.
Ma non finisce certo qui: per Tirrenia ci sono 1.000 lavoratori a rischio esubero, la Mahle di Laloggia ha annunciato il licenziamento di 443 dipendenti, mentre a Riva di Chieri ( Torino), continua da oltre un anno la protesta dei lavoratori ex Embraco. È ancora nel limbo anche il futuro della Whirlpool di Napoli e dei suoi 400 dipendenti, il colosso degli elettrodomestici ha annullato la procedura di cessione nello scorso ottobre, ma se entro marzo 2020 non si troverà una soluzione il problema si ripresenterà. E ancora gli esuberi di Safilo e Adidas, i 624 dello stabilimento della Bosch a Bari o i licenziamenti di Alpitel.