Entra "in punta di piedi" per
la prima volta nell’aula del Senato, ma l’obiettivo – lo dichiara di lì a
qualche istante – è quello di menar fendenti proprio a chi lo ascolta. Matteo
Renzi arriva a Palazzo Madama e resta affascinato dalla "storia" e la
solennità della più alta Camera, ma agli stessi appartenenti chiede nel giro di
poco l’estremo sacrificio: la riforma che abolisce il bicameralismo perfetto.
"Vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio che si trova in questi
banchi a chiedere la fiducia". Il primo che non ha neanche l’età per essere
eletto senatore, nota, in uno dei suoi ripetuti riferimenti alla
"generazione Ersasmus", la sua, che questa volta ha osato e con "coraggio" si sta riprendendo il Paese. Il neo-premier ha al suo fianco
la squadra giovane e snella. E dialoga con l’assemblea nel suo linguaggio
diretto, immediato, da sindaco d’Italia. Il leader del Pd veste ancora i panni
dell’amministratore locale: ha solo allargato il suo orizzonte. Ripete di
guardare ai "mercati rionali" prima che a quelli "finanziari".
Quella che racconta è la "vita reale", usando esempi già riportati in
questi giorni, ma diretti e immediati. Da marito di un’insegnante, il presidente
del Consiglio mette la scuola al centro dei suoi pensieri. E parla come chi sa
quali sono i problemi degli studenti e dei loro genitori, dei professori e di
quelle mamme che "hanno difficoltà a conciliare i tempi" e finiscono per
ingrossare le file delle disoccupate. Il suo è uno stile nuovo, un tentativo di
riallacciare quel rapporto interrotto tra politica e cittadini, allo scopo di
far innamorare gli elettori della politica e di riconquistare la loro fiducia.
E al Parlamento, che gli elettori rappresenta, chiede la fiducia su
un’agenda che parte da adesso e finisce nel 2018, per "un cambiamento
radicale". Tre le priorità: "Lo sblocco totale dei debiti della Pubblica
amministrazione" con l’intervento della cassa depositi e prestiti, "la
costituzione di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che non
riescono ad accedere al credito" e "la riduzione a doppia cifra del cuneo
fiscale che dia risultati già in questi primi mesi del 2014". Tra i nodi,
però, anche la giustizia. Renzi chiede un "pacchetto organico", che
superi "i venti anni di scontro ideologico". Al Senato, ancora, ripete la
tabella di marcia per le riforme istituzionali: Italicum (la legge elettorale
avviata a Montecitorio), Titolo V e abolizione della seconda Camera elettiva.
Problemi tutti italiani, ma di un’Italia a pieno titolo fondatrice dell’Europa.
Renzi si muove "nella tradizione europea e europeista". Il premier
non lo cita, ma fa riferimento ad Altiero Spinelli. E rompe quell’immagine
negativa che fa avvertire al Paese l’Europa come un giogo pesante. Non è la
signora Merkel o Mario Draghi a chiedere di rimettere a posto i conti pubblici,
"ma è il rispetto nei nostri figli", dice. Le carte sono sul tavolo. Il capo
del governo ha fretta di agire. "Il nostro è un governo politico", dice,
rendendo omaggio a quello del suo predecessore Enrico Letta. Ma proprio per
questo ci saranno anche punti politici all’ordine del giorno: lo ius soli e i
diritti civili. "Dovremo fare lo sforzo di ascoltarci e trovare un
compromesso".