Annamaria Furlan, segretaria della Cisl
Atratti nei ragionamenti di Annamaria Furlan si riaccende il Sogno. Prende forma un’Europa nuova. Unita. Capace di declinare parole come solidarietà e di giocare un ruolo nel mondo. «Un’Europa capace di parlare di crescita, di sviluppo, di lavoro », ripete la segretaria della Cisl. La sfidiamo con una domanda diretta: ci crede? Furlan annuisce: «Voglio crederci. Non ci spaventa un’Europa a più velocità. Quello che conta è marciare con determinazione verso gli Stati Uniti d’Europa. O si realizza questo obiettivo o l’Europa si spegne. Non ci sarà bisogno di altre Brexit: quando gli uomini e le donne europee non crederanno più all'Europa, l’Europa sarà già finita».
C’è comunque una speranza che 'colora' pensieri di Furlan. Pensieri sul sessantesimo anniversario dei Trattati. E sul ruolo dell’Italia. Venerdì pomeriggio, con i sindacati europei (e le imprese), vedrà Gentiloni. E, a nome dell’intero mondo sindacale, gli parlerà di Europa e gli ripeterà una parola: lavoro. «Per creare solidarietà, per garantire libertà agli uomini e alle donne, per 'regalare' una speranza di pace e di benessere». È la vera sfida,a me servo decisioni veloci. Gli ultimi dati dell’Istat scorrono sotto gli occhi del segretario: un milione di famiglie senza lavoro. «Ho visto tanta determinazione nel cancellare i voucher e ancora poca per rilanciare crescita e occupazione. Gentiloni ha le carte in regola per fare bene. Sia allora deciso. Coinvolga di più il mondo sindacale nelle scelte. È il momento di aprire una fase nuova dove ognuno ha il dovere di assumersi le proprie responsabilità». Credere nell’Europa vuol dire anche immaginare soluzioni.
La Cisl ha messo nero su bianco un manifesto con dieci priorità che prendono forma dietro le parole di Furlan: «Serve un unico sistema di welfare, un solo sistema fiscale, un ministero del Tesoro europeo. Serve uno statuto economico e una profonda ridiscussione del fiscal compact: le spese destinate a crescita e occupazione devono essere tenute fuori dal patto di stabilità. Penso a quelle per la ricerca, per l’innovazione, per le infrastrutture, per la formazione...». Parla senza prendere fiato Furlan. Parla e immagina l’Europa che vorrebbe. Parla e, con la testa alle cerimonie per i Trattati chiede ai Grandi della Ue un cambio di passo: «Stare fermi davanti a sfide enormi come lavoro e immigrazione non è sbagliato, è incomprensibile. I leader della Ue devono agire. Ora. Subito. Con responsabilità e con lungimiranza.
Perché - ripeto - la sfida è correre verso gli Stati Uniti d’Europa. Perchè guardo gli Sati Uniti d’America e vedo segnali preoccupanti. Muri contro l’immigrazione, liste di Paesi indesiderati, egoismi, chiusure dei mercati e dell’economia. Quello che sta facendo il presidente Trump è proprio l’opposto di quello di cui ci sarebbe bisogno in questo tempo». Ancora una volta sfidiamo Furlan: ci crede? Crede che vedremmo davvero gli Stati Uniti d’Europa? «Spero di vederli io. E spero che siano il posto in cui vivranno i nostri figli. Sì, un’Europa unita. Capace di 'regalare' al mondo pace, giustizia sociale, prospettive luminose». E il benessere «non è speculazione finanziaria, è garantire a uomini e donne opportunità, lavoro.
Lo dirò a Gentiloni e i leader sindacali di tutta Europa lo stanno dicendo ai politici di quei Paesi. Welfare, crescita, sviluppo. Lo ripeterò meccanicamente. Fino alla noia. Per fermare il vento del populismo servono risposte ai problemi. Penso all’avanzata di Grillo. Quella corsa si ferma se le persone vedono soluzioni. Non servono risposte tattiche, deboli. Milioni di poveri disoccupati sono stanchi di parole, hanno bisogno di percorsi chiari. L’inclusione sociale deve essere un traguardo. In Italia e in Europa. Questo già sarebbe un segnale».