Un corteo contro Israele - Fotogramma
Il giorno in cui la stella di David è comparsa sul muro di una casa di Milano, la comunità ebraica italiana ha avuto paura. Poche ore prima, un aereo proveniente da Israele era stato preso d’assalto in Daghestan. Il 7 ottobre 2023 era passato da neppure un mese e il clima era già cambiato: luoghi di culto blindati nel nostro Paese, svastiche riapparse nelle strade, intimidazioni in Italia e in Europa. Conviene ricordare quei momenti finiti presto nell’oblio, per spiegare cosa è sopravvissuto invece oggi nell’immaginario degli ebrei italiani. «È inutile illudersi che tutto possa tornare come prima» dice Davide Assael, filosofo di origine ebraica e fondatore dell’associazione culturale LechLechà. Assael non ha mai creduto ai proclami nazionalistici di Benjamin Netanyahu, che ha invece spesso criticato, né mai ha apprezzato la retorica della presunta unità nazionale da ritrovare dopo le azioni terroristiche di Hamas. Eppure, non è mai stato così pessimista come adesso, perché intravede «lo sdoganamento delle pulsioni antisemite, che ripropongono la forma del razzismo biologico verso di noi».
È la caccia all’ebreo in quanto ebreo, il timore inconfessato persino degli ebrei più razionali e ottimisti. «Sono state 456 le segnalazioni di episodi a contenuto antisemita. Il governo intende assicurare che continueranno a essere approfonditi i fattori di rischio anche con l’accordo informativo tra la polizia e le agenzie di intelligence » ha detto ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, rispondendo all’interrogazione rivolta al ministro dell’Interno sulla vicenda della lista di nomi di esponenti della comunità ebraica diffusa in rete ad agosto 2024, ai fini del contrasto dell’antisemitismo. I dati diffusi dall’esecutivo confermano sostanzialmente l’incremento di azioni contro il mondo ebraico forniti dal Centro di documentazione ebraica, citati dal coordinatore della commissione sull’antisemitismo in Italia, Pasquale Angelosanto, nella sua relazione di luglio: in un anno l’incremento delle azioni antisemite è cresciuto del 400%: in media si tratta di 90 casi al mese, contro i 20 del periodo precedente il 7 ottobre 2023. «Siamo di fronte a due tipi di antisemitismo, entrambi pericolosi » spiega Milena Santerini, vicepresidente del Memoriale della Shoah di Milano. «C’è un antisemitismo di estrema sinistra, di natura terzomondista, che difende la causa palestinese come simbolo della battaglia di tutti i popoli oppressi e individua in Israele il responsabile di quanto sta accadendo ». È il movimento pro-Pal, che nell’ultimo anno ha occupato le università con i collettivi comunisti, fino a influenzare le scelte di alcuni Senati accademici. Sono i ragazzi che hanno mostrato i cartelli con “Liliana Segre agente sionista”, che « vergognosamente saranno in piazza anche sabato per festeggiare l’anniversario di una strage» ricorda Santerini. È la parte sicuramente più rumorosa del popolo antisionista, ma non è l’unica. A fianco sta crescendo «il sospetto verso i tratti identitari ebrei, che mette insieme tutti i sostenitori di teorie antisistema, dai no vax ai cosiddetti filoputiniani» argomenta Assael. Santerini parla apertamente di «antisemitismo di estrema destra, molto pericoloso perché individua negli ebrei dei nemici in quanto tali. È l’antisemitismo che non si dichiara ma c’è, fatto di saluti romani, battute sui forni crematori, allusioni al Duce ». Non va neppure dimenticato quanto sottolineava una ricerca dell’Istituto Cattaneo sulle nuove generazioni, secondo cui in Italia si sta facendo strada tra le nuove generazioni l’equazione “Israele uguale nazismo”. Non solo: nel confermare che l’antisemitismo, almeno tra coloro che frequentano i corsi universitari, si sta spostando anche rispetto alle storiche appartenenze ideologiche, i ricercatori dell’istituto bolognese riportano una frase emblematica: « L’adesione all’affermazione secondo cui gli ebrei non sono veri italiani , a destra è considerata vera da un numero di persone sei volte superiore rispetto a quanto si registra a sinistra».
Non è un caso che gli atenei siano stati, in questi mesi, il ventre molle della protesta contro Israele, in una simbiosi che a volte ha portato in modo inedito professori e giovanissimi sulle stesse posizioni oltranziste. Per questo, il Memoriale di Milano sta studiando un percorso con le università, a partire da quelle di Milano, per arrivare alla definizione di un protocollo condiviso sulla prevenzione degli atti di antisemitismo. « Il boicottaggio delle intese con le università israeliane - riprende Santerini - si è rivelato un clamoroso boomerang, perché la ricerca accademica, in qualsiasi campo, deve restare per definizione zona franca, libera da contaminazioni ideologiche e persino dalle guerre». Si torna così alle svastiche, agli avvertimenti e alle intimidazioni. Che effetti ha avuto tutto questo sulla comunità ebraica del nostro Paese? « Non possiamo negare che la frattura tra il nostro mondo e tutto il resto si sia allargata » spiega Assael, che indica soprattutto nel mondo cattolico un interlocutore possibile, forse l’unico, in anni difficili, «come lo fu già ai tempi del Concilio Vaticano II. Di sicuro siamo tornati in una situazione di isolamento, che ricorda quella che attraversammo nel 1967, ai tempi della Guerra dei Sei giorni».