lunedì 2 dicembre 2024
In una lunga lettera alle sue studentesse e ai suoi studenti Marina Brambilla ricorda qual è la missione dell'università, «zona ideologicamente franca» in cui non c'è spazio per la prevaricazione
Il convegno bloccato dall'irruzione di un gruppo di studenti dei collettivi

Il convegno bloccato dall'irruzione di un gruppo di studenti dei collettivi - .

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Si rifarà, il convegno sulla vita organizzato all'Università Statale di Milano la settimana scorsa e “zittito” a causa della contestazione dei collettivi studenteschi. Lo ha annunciato con chiarezza la rettrice dell'ateneo, Marina Brambilla, in una lunga e argomentata lettera scritta ai suoi studenti in queste ore in cui torna con forza a ribadire come l'università sia lo spazio del dialogo e del confronto, non della prevaricazione. «La libertà di espressione è uno dei principi fondanti non solo della nostra Costituzione, ma anche della missione educativa e culturale di ogni università. Come ricorda la nostra Carta costituzionale, l’articolo 21 garantisce a tutti il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, entro i limiti della legge e del rispetto dei diritti altrui - scrive la rettrice -. Non si tratta solo di una norma giuridica, bensì del fondamento di una società democratica e di un contesto accademico che si propone di formare cittadini consapevoli e responsabili: un elemento imprescindibile per ogni comunità propriamente detta. In ambito accademico, la libertà di espressione assume un valore ancora più profondo, perché l’università non è semplicemente un luogo dove si trasmettono conoscenze, bensì uno spazio dove le idee si incontrano, si confrontano e si mettono in discussione. Senza la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni, e senza il coraggio di ascoltare anche ciò che non condividiamo, il sapere stesso diviene autoreferenziale e si impoverisce».

Tuttavia, continua Brambilla, «ogni diritto comporta una responsabilità. La libertà di espressione non deve mai trasformarsi in un pretesto per imporre le proprie idee con aggressività o per negare agli altri il diritto di parlare. Quanto accaduto nel nostro ateneo, con manifestazioni verbali e fisiche violente, non solo è inaccettabile sul piano etico, ma rappresenta una violazione dei valori fondamentali di una comunità accademica. Dissentire è legittimo e, anzi, necessario per favorire una cultura del confronto; ma dissentire non significa impedire l’espressione altrui; piuttosto vuol dire esprimere le proprie ragioni in modo civile, organizzando dibattiti alternativi, presentando controargomentazioni e arricchendo il dialogo con nuovi punti di vista. Le posizioni espresse possono essere anche profondamente divisive, ma devono mantenersi sempre nell’alveo di un confronto dialogico e critico, in cui la diversità di opinioni rappresenta una risorsa, mai una minaccia o un segno di debolezza». Ancora, e con più forza se necessario: «Fatto salvo il rispetto dei principi costituzionali, l’Università è una zona ideologicamente franca - insiste la rettrice - e invitiamo studenti e studentesse a esprimere le proprie opinioni e a organizzare, nell'osservanza delle regole comuni previste, incontri e dibattiti utili alla formazione e alla crescita culturale. Mai come Statale, pertanto, accetteremo alcun tipo di censura, violenza e intolleranza, da qualsiasi parte venga».

Brambilla torna dunque a ribadire «la ferma condanna dell’Università degli Studi di Milano di ogni forma di violenza e prevaricazione» spiegando come l'ateneo stia procedendo a una verifica delle responsabilità individuali «che saranno segnate da provvedimenti, previa approfondita analisi». «Voglio concludere rivolgendomi proprio ai giovani studenti e studentesse - è poi l'appello -. Come rettrice, credo nella vostra capacità di sentire e riflettere i problemi del nostro tempo: con voi lavorerò, in questi sei anni, per costruire un ateneo sempre più vocato al dialogo, in cui tutti - nessuno escluso - si sentano rappresentati, in un delicato lavoro di negoziazione che deve bilanciare la libertà di espressione con l’imprescindibile sicurezza dei singoli e dell’istituzione. In questo spirito proporremo agli organizzatori dell’incontro dello scorso 26 novembre di riorganizzare l’evento, invitando contestualmente chi ha altre idee sull’argomento a dibatterne nei modi e nelle sedi opportune».

L'intervento della Pastorale universitaria

«Quanto accaduto a Città Studi ci rammarica e ci provoca» è invece la considerazione che esprime in una nota della Pastorale giovanile dell'arcidiocesi di Milano, Sezione Università, il responsabile don Marco Cianci insieme ai cappellani delle università di tutto il territorio. «Preti e laici, siamo impegnati quotidianamente negli atenei presenti nell’arcidiocesi di Milano – attraverso le cappellanie e i centri pastorali – a promuovere occasioni di incontro, di conoscenza e di amicizia tra le diverse componenti studentesche e accademiche, valorizzando ogni accento di verità scoperta, luce di bellezza intravista, e di libertà giocata in università da chiunque, anche se non ha avuto (ancora) la grazia di ascoltare la Parola di Dio e di vivere l’incontro con Cristo. Ci rattrista che iniziative libere e aperte come quella organizzata martedì scorso in Statale vengano impedite in nome della stessa libertà di pensiero e di azione che ha fatto nascere e vivere l’università, dalle sue origini ai giorni nostri. [...] Desideriamo una università sempre più “laica”, cioè capace di dare spazio ad ogni contributo positivo alla costruzione della cultura e della civiltà della vita, dell’amore e della pace. Per la missione dell’università, c’è bisogno del contributo di tutti. Continuiamo ad essere in università per questo».

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