Da questo sabato le mascherine sui mezzi pubblici non sono più obbligatorie - Ansa
Le mascherine saranno ancora necessarie nei luoghi di cura, ma non sui mezzi di trasporto, quali treni e autobus. È questo l’orientamento del ministero della Salute per la fase di contrasto al Covid-19 che si apre domani, 1° ottobre. E mentre i nuovi contagi mostrano numeri in crescita, c’è discordia tra gli esperti sulle misure più adatte ad affrontare una fase incerta, in cui la campagna vaccinale per la quarta dose segna ancora il passo.
Ieri l’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, ha stabilito che non viene prorogato l’obbligo di mascherina sui mezzi pubblici, che quindi termina oggi. Viceversa le mascherine sono ancora necessarie per chi frequenta strutture sanitarie (ospedali e ambulatori), socio-sanitarie, residenze sanitarie assistenziali (Rsa), strutture di lungodegenza, hospice, strutture riabilitative, e residenze per anziani.
Un plauso a questa decisione è venuta dalla Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti), in questi giorni riunita in congresso a Padova, che la ritiene giustificata innanzi tutto «per la protezione di coloro che frequentano gli stabilimenti ospedalieri e le Rsa», osserva il presidente della Siti, Antonio Ferro. Ma anche nei confronti del personale «perché in un momento storico di grande difficoltà negli organici, avere dei soggetti che si contagiano o si possono contagiare in ambito ospedaliero metterebbe davvero in crisi il sistema. Ricordo a tutti gli operatori – sottolinea Ferro – l’importanza dell’utilizzo delle mascherine nei luoghi di lavoro».
Favorevoli alla proroga delle mascherine nei luoghi di cura sono l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco («dovrebbe essere un comportamento spontaneo, di buon senso e buona educazione»); l’infettivologo Massimo Galli («mi sembra il minimo del dovuto»), il virologo Fabrizio Pregliasco («è un aspetto di prudenza»), che però ritiene che «si tratta di accettare un allargamento della possibilità di diffusione del virus». Diversa l’opinione della microbiologa Maria Rita Gismondo, che osserva che mantenere l’obbligo negli ospedali «potrebbe essere logico se fosse limitato ai momenti di cura diretta del paziente da parte dei sanitari», ma dovrebbe valere anche «per l’influenza e qualsiasi altra infezione».
Ieri il bollettino quotidiano del ministero della Salute segnalava 37.552 nuovi casi e 30 decessi. Crescono i ricoverati: sia in terapia intensiva (+2), sia nei reparti ordinari (+134); aumentano di 16.772 unità anche le persone attualmente positive. Secondo i calcoli del matematico Giovanni Sebastiani (Istituto per le applicazioni del calcolo, Cnr) «102 province italiane sono in fase di crescita accelerata», e prefigura «un ulteriore contributo non trascurabile alla diffusione del virus dalla imminente fine dell’obbligo di indossare la mascherina all’interno dei mezzi pubblici». Il monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe indica che i contagi sono cresciuti del 34% in una settimana, mentre solo del 4,5% i ricoveri nei reparti ordinari; in calo – sempre su base settimanale – i pazienti in terapia intensiva (-14,7%) e i morti (-8,1%).
Continua a non decollare la campagna vaccinale per la quarta dose alla popolazione fragile e agli over60: a ieri l’ha ricevuta solo il 17,17% della popolazione di riferimento. In particolare, nelle 24 ore tra mercoledì e ieri sono state effettuate poco più di 30mila inoculazioni, di cui 26mila quarte dosi. Pertanto il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, auspica che il nuovo governo «ribadisca in maniera netta le raccomandazioni fondamentali, già fornite da Oms Europa». In particolare «effettuare con priorità massima il secondo richiamo ad anziani e fragili, visto che l’efficacia vaccinale nei confronti della malattia grave inizia a declinare dopo 120 giorni».
La valutazione della fase epidemiologica attuale non è univoca. «C’è stata in poco più di 48 ore una rapida e anomale risalita dei contagi Covid, davvero significativa – osserva lo statistico Antonello Maruotti (Università Lumsa) –. Fuori scala rispetto alla risalita che avevano registrato la scorsa settimana. Spiegazioni? Abbiamo ripreso a stare al chiuso, dagli uffici alle scuole. I mezzi di trasporto sono pieni». Secondo l’infettivologo Matteo Bassetti (ospedale San Martino di Genova), il rialzo dei casi «era ampiamente atteso»: «Ora c’è un picco legato al ritorno al lavoro in presenza e alla riapertura delle scuole».
Tuttavia, secondo Bassetti non serve più il bollettino quotidiano: «Il ministero della Salute dovrebbe dirci quante sono le persone con una polmonite grave e ricoverate, non quanti sono i positivi». Secondo l’infettivologo Massimo Andreoni (policlinico Tor Vergata di Roma) «le misure di contenimento stanno scomparendo e c’è una evidente stanchezza rispetto alla campagna vaccinale per la quarta dose con i vaccini bivalenti».